28 giugno. Due donne, una madre e una figlia di 61 e 39 anni, infastidite dalle risate di alcuni bambini che giocavano sotto il loro balcone al primo piano di un condominio di Barriera di Milano, hanno gettato di sotto una secchiata di candeggina, colpendo la madre dei bambini, provocandole per fortuna solo leggere ustioni guaribili in pochi giorni. La scelta del liquido non è stata casuale: la vittima è infatti una donna di Capo Verde, e le due le hanno gridato: «Beccati questo, così ti sbianchi quella pelle nera che c’hai».
26 giugno. Stava distribuendo volantini pubblicitari a Settimo Torinese, quando è stato fermato dai carabinieri ed arrestato. Perché? Perché era un marocchino senza documenti, già colpito da un ordine di espulsione l’anno scorso.
Ennesima mattinata di violenza nel Cie di Ponte Galeria. Giovedi 25 giugno un recluso chiama in diretta Radio Onda Rossa di Roma per denunciare un’irruzione della polizia alla ricerca di alcune persone da, presumibilmente, rimpatriare. E poi la vita quotidiana nel lager, gli abusi della polizia, la catena di comando, l’assenza di garanzie, i vergognosi provvedimenti dei medici…
Ascolta la diretta di un recluso di Ponte Galeria al telefono con Radio Onda Rossa
[audio:http://www.autistici.org/ondarossa/archivio/090625pontegaleria772.mp3]
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Per la prima volta nella storia, la maggioranza della popolazione mondiale vive in città[1]. E grandi quote di questa popolazione urbana conoscono condizioni d’assoluta povertà. Il concentramento di queste sterminate masse umane entro spazi sempre più ristretti, al fine di controllarle e sfruttarle meglio [2], ha generalizzato le baraccopoli su tutti i continenti, nessuno escluso, dando luogo a quello ch’è stato definito il “pianeta degli slum”. Secondo il rapporto dell’ONU The Challenge of Slums. Global Report on Human Settlements (2003), attualmente vivono negli slum quasi un miliardo di persone (una ogni sei, se si considera l’intera popolazione mondiale, ovvero un abitante di città su tre) e si ritiene che questo numero possa raddoppiare entro il 2030, talché nello stesso rapporto si parla di una crescente “urbanization of poverty”.
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Il Terzo Mondo, se mai è esistito come altrove, è oramai scomparso. Il Terzo Mondo è qui. E ciò a motivo di profonde e incoercibili ragioni: “È ovvio che con l’odierno mostruoso estendersi del Capitale su ogni aspetto della vita umana, con la conquista di ogni angolo del Pianeta alla sua sfera d’influenza, specie nella forma imperialistica finanziaria, si estende alla scala planetaria anche l’attrazione e la repulsione di forzalavoro. Così la sovrappopolazione relativa è sempre più attratta o respinta a seconda della concentrazione di capitale nelle varie aree del mondo. Masse enormi di uomini si spostano rompendo ogni legame con la loro terra, disegnata da frontiere politiche ormai diventate anacronistiche […], e l’eccedenza di umanità senza riserve dilaga senza che nessuno possa porvi rimedio. Non vi sono poteri legislativi ed esecutivi che possano fermare la marea montante della cosiddetta immigrazione […]. L’espansione è finita: la miseria crescente è una delle condizioni di esistenza del Capitale globale, [perché] solo un immane serbatoio di schiavi potrà rappresentare un tentativo di salvezza”[15]. È questa tremenda pressione a produrre quella che certuni chiamano “brasilizzazione” della classe operaia occidentale, ovverosia la rottura del “patto” che ha retto il Welfare State nel secondo dopoguerra, il drastico peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei salariati e la progressiva perdita di diritti e garanzie sociali[16].
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L’orizzonte delineato dai centri di studi strategici militari statunitensi che abbiamo preso in considerazione nelle pagine precedenti viene ora fatto proprio anche dalla NATO.
Secondo il rapporto fatto apparire nel 2003 dall’Alleanza Atlantica Urban Operations in the Year 2020 (prodotto dal gruppo di studio SAS 30, cui partecipano dal 1998 esperti di sette nazioni: Italia, Canada, Francia, Germania, Gran Bretagna, Olanda e Stati Uniti d’America)[42] la tendenza al prodursi di tensioni legate all’esistenza di “slum e condizioni di povertà” urbana “potrebbe crescere significativamente in futuro, conducendo a possibili sommosse, disordini civili e minacce alla sicurezza che imporranno l’intervento delle autorità locali”[43]. Il rapporto prende quindi le mosse da un’ovvietà di base: le discariche umane ai margini e negli interstizi dell’urbe costituiscono vere e proprie polveriere destinate in qualche modo a esplodere con effetti e dinamiche difficilmente prevedibili, non solo per la quantità dei possibili rivoltosi e la loro composizione eterogenea, ma anche per la complicata conformazione delle aree metropolitane contemporanee.
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“La base per tutti gli ulteriori sviluppi concettuali e operativi relativi alle operazioni urbane”, secondo il rapporto NATO UO 2020, risiede nell’articolata nozione di USECT (acronimo di Understand, Shape, Engage, Consolidate, Transition)[53]. In estrema sintesi, le attività riunite sotto il concetto USECT dovrebbero permettere di “comprendere”, soprattutto tramite le capacità ISTAR (Intelligence, Surveillance, Target Acquisition and Reconnaissance), la natura del nemico, le sue posizioni e intenzioni, per poi sfruttare le informazioni raccolte al fine di “modellare” l’ambiente del combattimento urbano e i relativi aspetti tattici. Nell’articolazione del complesso USECT, l’attenzione degli analisti si rivolge principalmente ai primi tre termini: Understand, Shape, Engage.
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La presenza italiana nel progetto di ricerca che ha partorito il rapporto UO 2020 non ha certo avuto il candore di una cenerentola. L’Italia in questo campo si è offerta di sviluppare nuove specializzazioni e di formare personale addestrato a muoversi e combattere negli ambienti urbani, in cui bisogna (in ottemperanza alle linee strategiche sopra tracciate) isolare quartieri, edifici, abitazioni, ma anche padroneggiare impianti idrici, di telecomunicazione e di distribuzione dell’energia.
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Nel quadro delle cosiddette “nuove guerre” o “asimmetriche” o “di quarta generazione” o “a bassa intensità” ecc.[93] (cambia la terminologia, a seconda delle correnti di pensiero, ma non la sostanza) risaltano:
– la fine della tradizionale distinzione tra il combattente e il civile, già sostanzialmente scomparsa con la “mobilitazione totale” nella Grande Guerra[94] e con il terrorismo contro le popolazioni civili praticato da tutti gli Stati, sia del campo “fascista” sia di quello “democratico”, nella Seconda Guerra mondiale[95];
– l’apparizione di nuove figure del “militariato”[96], che vanno dalle ONG “umanitarie” ai contractors[97];
– una minore importanza dell’aspetto propriamente militare nelle operazioni;
– la frantumazione del campo di battaglia e l’assenza di un fronte;
– il ridimensionamento del ruolo degli armamenti ad alta tecnologia rispetto al controllo del territorio, affidato alla fanteria (per quanto dotata d’armi d’ultima generazione e supportata da strumentazioni sofisticate)[98].
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Qualche riflessione sulla rivolta che incendiò la Campania verso la fine del 2007: le possibilità di lotta e i rischi di recupero (da sinistra e da destra) di un’emergenza cronica che si ripresenterà drammaticamente in tutte le metropoli italiane. Con una particolare attenzione a due contesti geograficamente vicini ma socialmente differenti, la lotta contro la riapertura della discarica di Pianura, e quella contro la nuova discarica di Chiaiano. E, su tutto, l’ombra della militarizzazione del territorio, ultima chance di un sistema ingestibile.
Ascolta l’intervista con un compagno di Napoli ospite di Radio Blackout
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/intervista-su-rivolte-a-napoli.mp3]