Sedie

10 maggio. A sediate: così sostengono di essere stati accolti due secondini in servizio alle Vallette da un detenuto particolarmente esuberante.

Lo sciopero e il funerale

Prosegue lo sciopero della fame dentro alle gabbie del Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria, a Roma, sia nel settore delle donne che in quello dei maschi, a due giorni dalla morte di Nabruka. Non compattissimo, ma prosegue, ed è un segnale importante, soprattutto in un Centro che non è mai stato in prima file né per rivolte né per evasioni e neanche per lotte continuative. Dal canto loro, la polizia e la Croce Rossa tentano di arginare questa mobilitazione minacciando chi, secondo loro, tiene i contatti con i solidali fuori e con l’informazione.

Intanto, emergono nuovi dettagli sul ragazzo che, ieri, si era rotto la gamba dentro alla Centro. Era salito su un tetto per riuscire a veder passare per l’ultima volta la sua amica Nabruka – come ad un funerale dentro alle gabbie. Una volta lassù, però, è stato preso dalla disperazione ed è caduto.

Non lasciamoli soli ad affrontare minacce e disperazione. Lottiamo al loro fianco.

Sinistri

8 maggio. Nella foto sotto potete osservare il compiaciuto Omar Riccardi, capogruppo di Sinistra Democratica in Circoscrizione VIII, che mostra con fierezza la macchina con cui vicino alla sua abitazione di via Monti a Sansalvario ha investito (accidentalmente) un giovane centrafricano che scappava dai Carabinieri, per poi inseguirlo (volontariamente, anzi “senza pensarci due volte”) a piedi e bloccarlo con l’indispensabile aiuto di un metronotte, fino all’arrivo delle guardie.

Omar Riccardi - Sinistra Democratica

Trasferte

8 maggio. Due detenuti “extracomunitari” del carcere di Brissogne in Val d’Aosta hanno incendiato un materasso della loro cella con un fornelletto a gas. Il fumo sprigionato dall’incendio ha intossicato tre agenti della Polizia penitenziaria intervenuti sul posto, e l’intera sezione è stata sgomberata. I due detenuti protestavano contro il recente trasferimento, assieme a 29 altri prigionieri, dal carcere torinese delle Vallette, sovraffollato, a quello valdostano.

Ponte Galeria e via Mattei, il giorno dopo

Il giorno dopo la morte di Nabruka, prosegue lo sciopero della fame dentro al Centro di Ponte Galeria, e filtra la notizia di un nuovo pestaggio.

Intanto, proseguono a Bologna le iniziative di solidarietà con la detenuta pestata lunedì. Dopo un mercoledì di fuoco, con striscioni, rumorosi volantinaggi ed irruzioni nelle chiese, all’università, nelle sedi elettorali dei partiti, in una libreria, nella Sala borsa, nella sede dei gestori del Centro – oltre che nelle strade e nelle piazze – anche il giovedì bolognese non ha lasciato a desiderare, stando almeno a quanto riferisce “il Resto del Carlino”: ieri ignoti solidali avrebbero bloccato il traffico cittadino incendiando dei cassonetti e lasciando in zona uno striscione con sopra scritto “Quattro maggio 2009. Nel Cie di via Mattei una donna picchiata a sangue da una guardia”. 

Ascolta la diretta raccolta da Radio Blackout a Roma:

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Ascolta la diretta raccolta da Radio Blackout a Bologna:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/pestaggio-bologna-il-giorno-dopo.mp3]

Rastrellamento, all’alba

8 maggio. All’alba, polizia e vigili urbani fanno irruzione in un palazzo di via Noè, proprio nel cuore di Porta Palazzo. Perquiscono tutte le abitazioni, e il cortile, e il tetti. Si portano via tredici persone trovate senza documenti: ora che scriviamo sono ancora in Questura e non conosciamo la loro sorte. Altre tre sono stati arrestate accusate di aver nascosto del fumo nella grondaia. E un’altra decina denunciate per allacci abusivi alla rete del gas. Due alloggi, invece, sono stati sequestrati perché ospitavano clandestini, i padroni di casa denunciati.

Ancora pestaggi, ancora morti

Intanto, Bologna. Lunedì scorso Raya, una delle recluse del Cie di via Mattei viene selvaggiamente picchiata da un agente di polizia in borghese. Piena di lividi, avverte gli antirazzisti solidali che stanno fuori dalle gabbie e parte la solidarietà. Per tutta la giornata di mercoledì le iniziative si susseguono ad un ritmo impressionante: irruzioni, lanci di volantini, il centralino del Cie intasato. Gli aguzzini, dentro alle gabbie, ritornano all’attacco e saltano di nuovo addosso a Raya, e addosso ai reclusi che l’hanno sostenuta in questi giorni.

Poi, Roma. Questa notte, nel Cie di Ponte Galeria è morta una detenuta tunisina. Si chiamava Nabruka Mimuni e aveva 44 anni. Ieri sera le hanno comunicato che sarebbe stata espulsa e questa mattina le sue compagne di cella l’hanno trovata impiccata in bagno. Da quel momento le recluse e i reclusi di Ponte Galeria sono in sciopero della fame per protestare contro questa morte, contro le condizioni disumane di detenzione, contro i maltrattamenti e contro i rimpatri. Nabruka lascia un marito, e un figlio. Era in italia da più di 20 anni. È stata catturata due settimane fa dalla polizia mentre era in coda in Questura per rinnovare il permesso di soggiorno.

Se dobbiamo dare un nome a chi l’ha uccisa, non basterebbero le poche righe che abbiamo a disposizione. Del resto, almeno qualche nome di questa lista lo conoscete già: intanto il ministro Maroni, che questa mattina si vantava della gente deportata in Libia senza neanche passare dai porti italiani; poi il partito del Ministro, e tutto il suo governo, che si apprestano a portare di nuovo a sei mesi il tempo di reclusione nei Centri di identificazione ed espulsione; e ancora la Croce rossa italiana, che gestisce il centro di Roma Ponte Galeria e diversi altri lager in Italia; e giù giù, tutte le brave persone che applaudono alle retate, che si radunano nelle strade ad urlare “espulsioni, espulsioni!”, che sputano rancore ad ogni passo.

Ascolta la diretta raccolta mercoledì mattina da Radio Blackout dal Cie di Bologna:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/pestaggio-bologna.mp3]

Ascolta la diretta con una compagna di cella di Nabruka, morta suicida a Ponte Galeria questa mattina:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/diretta-cie-roma.mp3]

Sulla situazione di via Mattei, leggi scheggia.

Razzisti al muro

6 maggio. Brutto risveglio questa mattina per Gabriele Marcelli , che ha trovato il proprio nome sul muro di fianco al portone di casa sua in piazza Sassari, accompagnato dall’epiteto di “razzista”. Epiteto per altro ben meritato, visto che Gabriele Marcelli è il presidente del comitato di corso Principe Oddone. Uno di quelli che lunedì scorso ha organizzato il corteo in “onore del carabiniere morto” e per dire “no alla moschea”. Appena scoperte le scritte, Marcelli si è subito recato in Questura per denunciare l’accaduto, accompagnato dal presidente del Coordinamento dei comitati spontanei torinesi Carlo Verra. Entrambi si sono detti molto preoccupati, ma decisi ad andare avanti per la loro strada. Guardandosi bene le spalle, però.

Bidelli

6 maggio. Sempre a lamentarsi, i giovani militanti della lista universitaria “Arcadia”, che nella notte si sono dovuti barricare dentro alla palazzina Einaudi per sfuggire ad un gruppo di sconosciuti che, avendoli incrociati mentre affiggevano manifesti elettorali ed avendoli riconosciuti per fascisti, ha cominciato ad inseguirli per bastonarli. Secondo le loro stesse dichiarazioni sarebbero stati salvati da un bidello, che per evitare grane avrebbe chiamato la polizia.

A carte scoperte

Ma cosa ci staranno mai a fare tutti questi soldati per le strade di molte città italiane, con le mani in mano e l’occhio da pesce lesso? Se qualcuno ancora pensasse che si tratti di una estemporanea trovata pubblicitaria di un governo che ci tiene ad apparire forte, o delle manie militariste di un paio di ministri, farebbe bene a leggersi il rapporto della NATO «Urban Operations in the Year 2020». Dove si apprende che, secondo le previsioni degli strateghi del dominio, il fronte della guerre future passerà proprio di qui, per le strade di conglomerati metropolitani sempre più invivibili, scossi da tensioni sociali, etniche e religiose di portata ormai non troppo inimmaginabile. Una specie di Yugoslavia di quartiere, insomma.

In questo senso, l’operazione «Strade sicure», non è altro che un tassello di un disegno più grande, una fase di addestramento delle truppe alla città, e allo stesso tempo della città alle truppe. Dietro il fuoco di copertura delle menzogne dei politici, i militari scoprono dunque le loro carte. Nessuno potrà dire di non essere stato avvisato.

Ascolta la chiacchierata ai microfoni di radio Blackout con un compagno che ha avuto la pazienza di leggersi il rapporto
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/urban-2020.mp3]

Se volete leggerlo anche voi, potete scaricarlo da qui.