Aziz è un ragazzo marocchino che ha vissuto in Italia per molti anni.
Aziz è un compagno che abbiamo incontrato nella lotta.
Recluso nel Cpt (Cie) di via Corelli a Milano,
ha voluto tenere la testa alta e ribellarsi;
ha saputo trovare forza e determinazione
per non rassegnarsi alla prevaricazione di uno Stato razzista,
per far uscire la voce della sua rabbia e della sua protesta,
per organizzare una lotta coi propri compagni di detenzione,
salendo sui tetti del lager in cui era recluso,
resistendo ai pestaggi polizieschi,
attuando un determinato sciopero della fame e della sete.
Per chiunque l’abbia sentita,
la sua voce strozzata, che in diretta radiofonica con Radio Blackout
urlava rabbia e disperazione durante i pestaggi nel Cpt di Corelli,
resterà per sempre segno dell’intollerabile,
l’intollerabile di questo sistema infame
che esclude, sfrutta e reprime.
Aziz doveva uscire da Corelli tra sette giorni.
Alle quattro del mattino i cani da guardia del sistema
l’hanno prelevato dalla sua camerata,
l’hanno privato del telefonino
l’hanno fatto deportare con un aereo Alitalia.
Prima di partire ci ha lasciato parole che rivendicavano,
con immutata forza,
l’importanza della lotta
contro questo sistema concentrazionario,
contro la matrice razzista di cui è espressione,
contro lo sfruttamento sociale che garantisce;
un sistema basato sul terrorismo statale, diffuso e quotidiano,
fatto di minacce, soprusi e retate nei quartieri;
un sistema che ci vorrebbe tutti impauriti, silenti e rassegnati.
Le forze politiche e poliziesche di questo Stato militarizzato
hanno voluto privarci di un amico, di un compagno, di un complice.
Ma noi sappiamo che Aziz tornerà, quando e come vorrà,
per ritrovare sua moglie e sua figlia,
alle quali va tutta la nostra solidarietà,
ma anche per riprendere,
con altri dieci, cento, mille altri Aziz,
una guerra sociale per la giustizia e la libertà.
17 aprile 2009,
Comitato Antirazzista Milanese
Eccoli serviti, i giorni delle piccole vendette. Dopo un mese e mezzo passato sulla difensiva, questa breve tregua nelle mobilitazioni dentro e fuori i Centri ha dato il tempo ai gestori dei Cpt di riorganizzarsi e di togliersi qualche dente. Da ieri, una piccola tornata di trasferimenti ha scombussolato la mappa concentrazionaria del Nord Italia. Reclusi di Torino spostati a Milano oppure a Roma, e poi milanesi spostati in massa a Gradisca, senza alcun valido motivo se non quello – dichiarato solo in alcuni casi – di punire chi “rompe troppo i coglioni”. E poi, peggio ancora, deportazioni. Deportazioni, minacciate per giorni e ora fatte in tutta fretta, di gente che aveva superato ampiamente i due mesi di reclusione e che era, come tanti altri, in attesa di uscire. Questa mattina uno di loro è riuscito a telefonarci dall’aereo, circondato da poliziotti. La sua è una voce nota per chi ha voluto ascoltare gli appelli alla lotta e alla solidarietà che si sono levati, dalla metà di febbraio fino ad oggi, dalle gabbie di mezza Italia.
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/dallaereo.mp3]
Ascolta anche un’intervista di Radiocane a un recluso di via Corelli, il giorno dopo la rivolta e le cariche del 10 aprile.
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/corelli-dopo-la-rivolta.mp3]
Leggi (o rileggi) infine il nostro articolo sulla rivolta di via Corelli, con le dirette in tempo reale.
Qualche giorno fa ci era capitata tra le mani questa lettera aperta da Lampedusa. Approfittando di questo periodo di “tregua”, ve la proponiamo. Leggendo queste righe colme di disperazione, ci sono tornate in mente le parole di Sun Tzu: «per quanto critiche possono essere la situazione e le circostanze in cui vi trovate, non disperate; è proprio nelle occasioni in cui c’è tutto da temere che non bisogna temere niente; è quando siamo circondati da pericoli di ogni tipo che non dobbiamo averne paura; è quando siamo senza risorse che dobbiamo contare su tutte; è quando siamo sorpresi che dobbiamo sorprendere il nemico.» E ai lampedusani di cuore e d’azione non abbiamo che questo da aggiungere: ci siamo anche noi.
Lampedusa sta vivendo il momento più brutto che io ricordi, basta farsi un giro per constatare il degrado che stiamo vivendo.
Personalmente mi sento preso in giro, non ho più fiducia in nessuno, credo che il popolo sia stato usato e strumentalizzato.
Ricordo quando sono arrivati i container, nessuno sapeva, il sindaco era a Palermo, non c’era un solo carabiniere al porto, ma non si era detto che i container sarebbero stati a Porto Empedocle fino a quando non si fosse trovato un accordo? Poi che succede, arriva il sindaco da Palermo e non fa nessun comizio, non dice niente a nessuno, non convoca nemmeno un consiglio comunale, lo fa la minoranza e va a finire in malo modo.
La tenda si smonta e S.O.S. Isole Pelagie comincia ad occuparsi di promozione turistica. Io ricordo all’inizio di tutta la faccenda quando qualche albergatore dentro la tenda si lamentava che i pescatori non partecipavano, perché era bonaccia ed erano a mare, poi i pescatori hanno partecipato come tutti e come tutti hanno messo il lavoro e tutto, ma oggi cari albergatori, cari costruttori edili è arrivata la bonaccia per voi e non solo siete in mare a condurre una facile pesca, ma state facendo in modo di bloccare tutto il movimento che si era creato, perché tra un po’ comincia la stagione e bisogna lavorare. E io? e noi che ci crediamo veramente a questa battaglia, cosa dobbiamo fare? Ci lasciamo prendere in giro per l’ennesima volta.
Lo volete questo carcere, qualcuno ora lo chiama «cittadella della speranza e della accoglienza» ma ci fanno proprio cretini? Intanto la stagione è alle porte, i più furbi come al solito faranno i loro affari come è stato sempre ma la maggioranza farà la fame. E tutte queste forze dell’ordine, vi piacciono, vi piace andare in giro a qualsiasi orario e sentirvi dentro una caserma? Avete già dimenticato le manganellate ad un nostro concittadino scambiato per “clandestino”? Come si dimentica in fretta a Lampedusa. Come si cambia bandiera velocemente a Lampedusa.
(more…)
A cosa servono, veramente, i Libri sacri? A questa domanda vogliamo rispondere ripescando dal fondo degli archivi infiniti di Radio Blackout questa intervista. Un po’ vecchiotta, in realtà, perché è del dicembre scorso ma – come si dice – sempre attuale, soprattutto in queste settimane di lotta tanto intensa dentro ai Cpt italiani. Una voce da Parigi ci aiuta a ritornare sui fatti di Vincennes, quando la distruzione del più grande Centro di detenzione per sans papiers di Francia ha portato alla liberazione di buona parte dei reclusi e alla netta diminuzione dei rastrellamenti nell’area della capitale. Oltre l’esaltazione e la retorica, ecco perché serve bruciare i Cpt e come, con un po’ di pazienza, si può favorirne l’incendio. Ed ecco anche come, se impugnati dalle mani giuste e nelle circostanze più adeguate, anche i Libri sacri possano fare la propria parte.
Ascolta l’intervista con Sara:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/libri-sacri.mp3]
Leggi anche:
Chiuso un Cpt
Cosa succede a Parigi?
Una giornata di tregua quella di oggi nei Centri di mezza Italia. I reclusi hanno assistito divertiti alle crisi isteriche di Maroni e dei suoi e ora si stanno domandando quando la gente comincerà effettivamente ad uscire dalle gabbie. Inizialmente tutti speravano in una attesa di pochi giorni, ora è chiaro che di tempo ce ne vorrà ancora. Sta di fatto che, piano piano, gli scioperi della fame sono tutti rientrati – anche a Milano, dove hanno smesso per ultimi. Non si sa bene cosa succederà ora, quali saranno gli umori e quanta pazienza ci vorrà per aspettare ancora. Non si garantisce tranquillità.
Le peripezie della notizia sulla fuga da Gradisca confermano uno schema oramai abituale. La gente si organizza e fugge beffando polizia e sistemi di sicurezza, la storia circola di Centro in Centro dando speranza e voglia di lottare ai reclusi di (quasi) tutta Italia, e attraverso gli altri reclusi la voce arriva ai solidali che la diffondono fuori. Solo a questo punto, reticenti, le autorità sono costrette a confermare l’accaduto. Lo fanno sempre un po’ a forza, perché questa convinzione che si sta diffondendo dentro e fuori dalle gabbie che dai Centri si può e si deve scappare sta creando un sacco di grane al Ministero – e gliene creerà sempre di più.
A Torino, un presidio pomeridiano sotto alle gabbie ha segnalato ancora una volta ai reclusi e alla città la costante presenza dei solidali fuori. In serata è arrivata la notizia che il giudice ha ordinato di rimettere in libertà i cinque arrestati per i fatti di lunedì: “libertà” che in questi casi vuole dire passare dalla cella del carcere alla matricola, dalla matricola alla macchina della polizia, dalla macchina della polizia alla Questura, dalla questura alla macchina della polizia e da lì… di nuovo in corso Brunelleschi. Ritornati dentro al Centro i cinque sono stati circondati dall’affetto dei propri compagni di gabbia, che li hanno attesi preoccupati per tre giorni. Portano addosso i segni delle percosse – e su questo vi racconteremo presto.
Sull’evasione dal Cie di Gradisca, ascolta questo brano tratto dalla diretta raccolta da Radio Blackout. (Il resto della diretta lo puoi ascoltare nell’archivio della trasmissione //Macerie su Macerie//)
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/fuga-da-gorizia.mp3]
…e leggi questa piccola rassegna stampa.
Sulla giornata di lunedì a Torino, leggi:
Tentata evasione da Corso Brunelleschi

La redazione di macerie (e storie di torino) ringrazia sentitamente la redazione del quotidiano “La Stampa”, e in particolar modo Massimo Numa, per la pubblicazione a titolo gratuito del curriculum vitae di uno dei redattori del sito e della trasmissione radio. Nel giro di poche ore lo stesso ha ricevuto 8 offerte di lavoro, 4 di matrimonio, 26 inviti (a pranzo o a cena), una ricarica telefonica, e 10 grammi di fumo.
Una buona giornata. Questa mattina, il parlamento ha bocciato l’articolo 5 del Decreto legge che da febbraio aveva allungato la permanenza dentro ai Centri dai due ai sei mesi. Bocciatura di misura, seguita da scene isteriche della Lega Nord e dalla sospensione della seduta.
Dopo un mese e mezzo di lotta, dunque, in tanti nei prossimi giorni usciranno dai Centri: li aspettiamo nelle strade e nelle piazze dei nostri quartieri per abbracciarli, finalmente. Per ora tra dentro e fuori c’è un fiume di telefonate festose.
Le rivolte, gli scioperi della fame, le fughe, ed anche le mille iniziative di solidarietà organizzate all’esterno hanno ottenuto un primo risultato. Ora bisognerà pensare a tutti gli altri, a chi rimane ancora dentro le gabbie.
Da Milano, intanto, i reclusi confermano lo sciopero della fame. E sono ancora in sciopero a Torino, in una sessantina.
Come promesso, poi, vi abbiamo trovato notizie dal Centro di Gradisca. Notizie niente male: intanto, gran parte dei detenuti sono effettivamente in sciopero, coordinati coi milanesi e coi torinesi. Hanno smesso di scioperare, invece, ventotto di loro che questa mattina hanno preferito smontare un pezzo del tetto e scapparsene via. La notizia di questa nuova evasione è circolata nei Centri del nord Italia prima ancora che nelle righe dei lanci di agenzia. Davvero una buona giornata, oggi.
Qualche aggiornamento
Nel pomeriggio, i reclusi di Torino hanno interrotto lo sciopero della fame.
Intanto, si è saputo che il Tribunale della Libertà ha rigettato la richiesta di arresti domiciliari fatta da Fais Benamor, il recluso di Brunelleschi arrestato in seguito al suo tentativo di fuga dall’ambulanza il 14 marzo scorso.
I cinque che avevano tentato l’evasione lunedì mattina, infine, hanno avuto questa mattina l’udienza di convalida in carcere ed aspettano ora una risposta da parte del giudice.

A due giorni dalla rivolta e dai pestaggi, i detenuti del lager di via Corelli si riorganizzano e riprendono l’iniziativa. «Siamo tutti nella stessa barca», dicono, «dobbiamo stare uniti». Entrano in sciopero della fame e della sete, ed estendono l’iniziativa ai reclusi di Torino, Gradisca e Roma. Quattro Centri in lotta, coordinati. A Torino sono in sciopero della fame i reclusi dell’area verde, della rossa e della blu, dopo il tentativo di evasione di massa e gli arresti di ieri. A Roma, invece, lo sciopero è ancora minoritario. Di Gradisca non abbiamo ancora notizie precise, ma è un nome che è ricorrente nelle esplosioni dell’ultimo mese e mezzo.
Due le novità emerse con forza dall’arcipelago dei Centri italiani in una sola settimana, dunque, e tutte e due novità importanti. Intanto, l’evasione. Da pratica abituale e muta a momento collettivo di lotta, rivendicato con orgoglio anche da chi non ce l’ha fatta a scappare. E poi l’idea del contatto e del coordinamento tra Centri, della lotta che unisce e mette a confronto le tensioni e i progetti di chi è rinchiuso anche a centinaia di chilometri di distanza.
Ascolta la diretta raccolta da Radio Blackout:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/sciopero-della-fame-7-aprile.mp3]
Leggi il racconto della rivolta di Corelli.
Leggi il racconto del tentativo di evasione di corso Brunelleschi.
Le novità della giornata
Nel pomeriggio, i reclusi di Corelli si piazzano nel cortile del Centro e si rifiutano di rientrare nei container: vogliono essere pesati, uno per uno, ora che lo sciopero della fame e della sete è al primo giorno, e pretendono di essere pesati ogni giorno. La dottoressa respinge la richiesta dei detenuti, a lungo e in malo modo, ma loro sono determinatissimi. A pesarli ci penserà una infermiera, dopo un’ora e mezza di protesta. In serata, aderiscono allo sciopero anche le detenute della sezione femminile: oramai si può dire che tutta Corelli è in lotta. I reclusi di Torino, da parte loro, sono al secondo giorno di sciopero della fame, e sono convinti ad andare avanti a fianco dei milanesi. È confermata anche la partecipazione di reclusi a Roma e a Gorizia, e per domani si attendono notizie da altri Centri ancora.
6 aprile. Saputa la notizia del nuovo tentativo di evasione dal Cpt di corso Brunelleschi a Torino, un nutrito gruppo di antirazzisti si raduna con il favore delle tenebre sotto le mura del lager per un blitz solidale con i reclusi. Armati di megafono, pietre e un centinaio di botti, danno vita a 4 minuti di puro rumore, a cui i reclusi rispondono con fischi e urla. Pochi istanti dopo, alcuni di loro vengono fermati in macchina da ben sei volanti della polizia accorse sul posto, due auto della digos e una macchina dei carabinieri, arrivata in clamoroso ritardo. Da notare che, nella concitazione della “cattura”, la carovana di polizia ha rischiato di fare un tamponamento a catena, che sarebbe stato il centounesimo botto della serata. Una ridicola tragedia che sarebbe stata del tutto inutile, a parte ovviamente le perdite nelle fila nemiche: l’esito della perquisizione alla ricerca di “armi, esplosivi o strumenti da effrazione” è stato assolutamente negativo.