Mirafiori
27 marzo. Retata nella notte a Mirafiori Sud. Dieci le ragazze nigeriane fermate, tutte clandestine. Alcune di loro riceveranno il foglio di espulsione, le altre saranno denunciate per aver fornito false generalità.
27 marzo. Retata nella notte a Mirafiori Sud. Dieci le ragazze nigeriane fermate, tutte clandestine. Alcune di loro riceveranno il foglio di espulsione, le altre saranno denunciate per aver fornito false generalità.
25 marzo. Circondato all’alba da poliziotti il “Velena”, il più giovane dei posti occupati torinesi. Allo sgombero, ampiamente annunciato sin dal giorno successivo all’occupazione, gli occupanti si sono opposti barricandosi per alcune ore sul tetto, ma senza risultatp.
25 marzo. A due mesi dalla scomparsa, riaffiora dalla Dora il corpo di Luca J., il giovane rom scomparso durante un inseguimento. Ancora molti i punti oscuri della vicenda, in particolar modo non si capisce esattamente che cosa abbiano fatto esattamente i carabinieri, che inizialmente avevano addirittura smentito di avere sparato.
I nostri telefoni, da qualche giorno, sono roventi: tutti ci cercano, tutti domandano di noi e vogliono sapere. Corteggiatissimi, quasi fossimo delle ballerine di prima fila, coi nomi sbattuti un po’ qua e un po’ là sulle gazzette cittadine, stiamo assaporando il gusto di una celebrità che non abbiamo mai voluto né ricercato. E anche l’audience di \\Macerie e storie di Torino\\, incredibile!, è alle stelle, manco ci fossimo messi a vendere calze a rete per corrispondenza.
Tra tutti, sono i giornalisti a tampinarci più fastidiosamente. Vogliono chiacchierare e farci chiacchierare, estorcerci dichiarazioni imbarazzate oppure proclami roboanti da tagliare e ricucire a modo loro sulle colonne dei quotidiani. Ma, è cosa nota, a noi i redattori di gazzette fanno un certo ribrezzo – un ribrezzo proprio fisico, che ci causa talvolta eritemi evidenti sulle braccia e sulla faccia. Li vogliamo lontani.
Ma non è che ci sia passata la voglia di parlare. E lo facciamo con i nostri strumenti abituali, con la nostra solita voce e senza cedere alle lusinghe di questa effimera celebrità.
Lo volete proprio sapere che cosa ne pensiamo della merda gettata al Cambio l’altro sabato, allora? Vi accontentiamo subito.
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22 marzo. Domenica sera ad Eataly, il supermercato/ristorante frequentato dai buongustai fighetti della città. Un folto gruppo di antirazzisti entra, si sparpaglia tra i reparti e dissemina sugli scaffali migliaia di fogliettini: «Mangiato bene? Io mi sono cucito le labbra», «Qui la polizia ci picchia e la Croce Rossa non dice niente. Mangia che ti passa!»… Poi si radunano, spunta uno striscione, un megafono e tanti altri volantini. Un piccolo e inaudito corteo comincia a sfilare tra le mensole ricolme e le tavole imbandite. Tra gli avventori c’è chi chiede i volantini interessato e chi fa finta di nulla. Ma c’è anche chi si volta con sdegno: in effetti molestare chi si sta succhiando delle ostriche è segno di scarsa classe e urbanità. Da parte sua, il personale non si scompone più di tanto – ed è una questione di classe anche questa.
Per la prima volta dopo anni di cappelle, la polizia politica torinese è sul luogo del delitto per tempo: un funzionario della Digos, in effetti, è già seduto ad un tavolo in dolce compagnia ancor prima che gli antirazzisti entrino nel supermercato/ristorante. Troppo impegnato a mangiare, neanche lui si sbatte più di tanto per fermare i contestatori.
Guarda gli altri bigliettini e leggi il volantino distribuito.
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Agnolotti. Pare che stessero mangiando agnolotti i clienti del lussuosissimo ristorante “Il Cambio” in piazza Carignano, a Torino. Quando all’improvviso hanno fatto irruzione nei locali alcuni anarchici – o almeno così si dice – che hanno gettato a terra un secchio ripieno di merda e alcuni volantini. All’arrivo delle forze dell’ordine, il gruppetto se l’era già svignata. Così come la clientela, cui probabilmente gli agnolotti erano rimasti sullo stomaco.
Guardate il servizio del TG3 Piemonte su questo fattaccio:
Abbiamo provato a decifrare il testo del volantino dai pochi fotogrammi disponibili, e ci pare che il senso sia più o meno questo:
Guardate questo sangue. Questo è il sangue di due uomini rinchiusi dentro il centro per stranieri senza documenti di Torino. Si sono tagliati le braccia la mattina di sabato 14 marzo, per non essere espulsi. Questo è il sangue di due uomini che combattono per la libertà, e che sono pronti a morire per lei. Ora uno è detenuto presso il carcere delle Vallette. L’altro è stato trasferito nel lager di Ponte Galeria a Roma. La loro lotta non è finita. Altri stranieri detenuti sono in sciopero della fame, ovunque. A Bari tre di loro si sono cuciti la bocca, perché nessuno ascoltava la loro voce. A parte i soliti libertari, due dei quali hanno pagato con l’arresto e una condanna a 10 mesi di galera per aver osato volantinare in loro solidarietà, proprio quel 14 marzo, a Bari. E allora, Signori, che ci stiamo a fare noi qui? Noi non siamo qui per convincervi, perché noi e voi siamo nemici. Noi siamo qui per attaccarvi. E stasera non mangiate.
Leggi i racconti dell’irruzione fatti da alcuni giornali e la reazione di polizia, turisti veneti, ristoratori e politici:
“Voi vi ingozzate e nei cpt si crepa”
Guerra al lusso – lanci di sterco tra i tavoli dei vip
“Questa volta voi ricchi non mangerete”
Letame in tavola – la reazione incredula dei ristoratori torinesi all’episodio del Cambio
Tre domande a Sergio Chiamparino
Unanime la condanna dei partiti
Blitz con sterco al Cambio, ora è polemica politica
Aumentare la tensione
20 marzo. Alle 5 di pomeriggio davanti alla lavanderia “La Nuova”, in via Santhià 34, nel quartiere Barriera di Milano, a Torino, compaiono una decina di antirazzisti. Suonano il campanello, si affaccia il titolare, srotolano uno striscione e iniziano a volantinare e a spiegare con il megafono ai passanti, italiani e stranieri, una cosa che nessuno ancora sapeva: che quella lavanderia ha un appalto con il centro di corso Brunelleschi. Che in quelle lavatrici vengono lavati i giacconi dei crocerossini che lavorano nel Cpt. Che quei giacconi sono sporchi di sangue, il sangue dei due reclusi che sabato scorso si sono tagliati le braccia per chiedere la libertà. Che quel sangue sporca tutti i panni che in quella lavanderia passano per essere ripuliti. Che non ci può essere nessuna pace con chi lavora per i Cpt. E che, pertanto, alla lavanderia “La Nuova”, in via Santhià 34, nel quartiere Barriera di Milano, a Torino, non bisogna più portare neanche un calzino. Il proprietario si difende dicendo che si tratta di un appalto piccolo, da pochi spiccioli. Pochi spiccioli a cui, ne siamo sicuri, potrà rinunciare senza patire troppo: in fondo da anni, ammette con orgoglio, lava i panni sporchi di diverse questure qui a Torino.
20 marzo. Visita del console marocchino dentro le gabbie di corso Brunelleschi. Uno per uno, prende da parte una ventina di ragazzi e annuncia loro che ormai li ha riconosciuti e li farà espellere nel giro di qualche giorno. I venti sono disperati: molti di loro, prima di essere presi, lavoravano e sanno benissimo che non vedranno più gli stipendi arretrati. Emergono anche altre storie, di gente che ha vissuto in regola in Italia per anni e che ad un certo punto, perso il contratto di lavoro nel momento sbagliato, ha perso anche il permesso di soggiorno. Intanto, si scopre che uno dei tre (presunti) tunisini che una settimana fa si erano rivoltati contro l’espulsione è stato trasferito a Roma.
19 marzo. Presidio volante di antirazzisti di fronte al Cie di corso Brunelleschi. Il solito megafono, i soliti petardi e anche le solite palline gialle che volano nelle gabbie e che portano con loro messaggi di solidarietà per chi è ancora in lotta e informazioni su quello che succede fuori. Proprio all’ultimo minuto, arriva di filato una volante e dietro di lei un gruppone di guardiani dell’ordine, in borghese e di corsa. Gli antirazzisti si dileguano veloci, e nessuno viene fermato. Sulla strada del ritorno, c’è chi incrocia una bella colonna di lampeggianti che si stanno precipitando proprio dove oramai non c’è nessuno. Pernacchie e risate. Rimangono soltanto alcune scritte sul muro di cinta, tracciate con lo spray: “fuoco ai cpt-cie”, “la vostra sicurezza uccide”, “nessuno è clandestino”, “qui c’è un lager”; e sul marciapiede un cubo di legno con il messaggio “nel Cie di Roma oggi è morto un ragazzo di 24 anni, il medico non l’ha visitato la polizia l’ha picchiato e la Croce Rossa come al solito è rimasta a guardare. Non vi lasceremo soli a lottare per la libertà”. Da dentro, i reclusi contenti ringraziano.