Due appuntamenti
Venerdì 6 ottobre ore 18:30 CHIACCHIERATA sulla lotta contro la detenzione amministrativa a Torino negli anni.
Domenica 8 ottobre ore 16:00 PRESIDIO sotto al Cpr, c.so Brunelleschi all’angolo con via Monginevro.
Venerdì 6 ottobre ore 18:30 CHIACCHIERATA sulla lotta contro la detenzione amministrativa a Torino negli anni.
Domenica 8 ottobre ore 16:00 PRESIDIO sotto al Cpr, c.so Brunelleschi all’angolo con via Monginevro.
30 settembre. Per i disordini durante il corteo di contestazione al G7 di di Scienza, Lavoro e Industria, partito da Torino e arrivato al centro di Venaria dove si teneva il summit, vengono effettuati due arresti, uno dei quali a quanto sembrerebbe con flagranza differita. Se fosse accertato sarebbe uno dei primi assaggi delle potenzialità della legge Minniti-Orlando.
Chi ci si può trovare davanti alla porta quando si ordina attraverso le piattaforme del food delivery? Quali rischi si corre a pedalare tutto il giorno per misere paghe? Quanti chilometri percorre un rider durante un turno di lavoro? Che rapporto ha con i dispatcher e quali contraddizioni si portano dietro queste nuovo figure lavorative, nell’organigramma delle tech startup?
Abbiamo ripercorso inseme ad Effe, lavoratore di Deliveroo fin dai suoi esordi a Torino, le varie tappe che hanno portato allo sciopero di maggio e a quello più recente di mercoledì 27 settembre. Soffermandoci sui particolari che spesso non emergono a una prima occhiata distratta sullo sciamare colorato dei fattorini in giro per la città.
In molti si ricorderanno di quando il primo maggio, mentre per le vie del centro sfilava la solita parata cittadina, una manciata di rider sfidava il silenzio di Deliveroo. Un tentativo di imporre con lo sciopero le proprie richieste all’attenzione dell’azienda, che nei giorni e mesi precedenti aveva continuamente nicchiato. Un tentativo che aveva dato i suoi frutti vedendo riconosciute in buona parte le rivendicazioni avanzate.
A fronte delle briciole che il colosso del food delivery concede ai propri lavoratori in giro per l’Europa, non mancano fan sfegatati tra le schiere dell’alta finanza ben disposti a sostenere Deliveroo nella speranza che possa espandersi ancora, ancora e ancora. È il caso, ad esempio, dei 385milioni di dollari che due fondi di investimento statunitensi hanno concesso all’azienda per allargare il proprio mercato, da investire nell’ innovazione tecnologica, nella diversificazione dei prodotti offerti e nell’apertura in altre città.
Mentre l’azienda sembra progredire vertiginosamente sulle vette degli indici di mercato, i problemi nei bassifondi, nelle strade attraversate tutti i giorni dai lavoratori, restano gli stessi. Nella battaglia senza tregua per sostituire la sua rivale Foodora nel panorama torinese del “ristorante a casa tua”, Deliveroo ha deciso di assumere a settembre nuovi rider per far fronte alla mole di ordini che secondo i loro calcoli sarebbe aumentata considerevolmente. È così che mentre le prime campagne promozionali e le consegne gratuite per i clienti non sortivano alcun effetto, per un mese intero i lavoratori in bicicletta si sono visti calare considerevolemente il numero di turni assegnati, spesso ben al di sotto delle dieci ore garantite ottenute con lo sciopero di maggio. Come se non bastasse non solo gli ordini non sono aumentati abbastanza, ma la zona coperta dal servizio si è allargata a tal punto da costringere i rider a percorrere distanze esorbitanti, con punte di cinque chilometri per un ritiro al ristorante. Sollevato il problema più volte allo sportello dedicato mensilmente al confronto coi lavoratori, inviata una lettera di richieste elaborata e condivisa orizzontalmente dalla maggior parte dei rider, l’azienda non ha minimante preso in considerazione la faccenda ed ha continuato a far pesare sulle loro gambe i rischi di avvio e le ricadute dei suoi giochetti promozionali.
Beh, non sempre i rider sono disposti a giocare. O meglio quando il gioco si fa duro, c’è chi smette di pedalare.
Mercoledì 27 settembre l’azienda ha lanciato un’offerta speciale: in tutte le città d’Italia dove è appena sbarcato il servizio si è potuto comprare e farsi consegnare a casa mezzo chilo di gelato dai punti vendita GROM alla modica cifra di un euro. In tutte le città, eccetto Torino! Infatti stanchi di lavorare a queste condizioni tredici dei quindici rider in turno durante la promozione hanno deciso di incrociare le gambe e far rimbalzare gli ordini senza eseguire nessuna consegna. Dopo circa un’ora Deliveroo a Torino ha deciso di sospendere il servizio, accampando scuse e giustificazioni mirabolanti ai clienti imbestialiti, mentre per gli ordini accumulati nella prima ora circa una cinquantina sono rimasti fermi sul bancone delle gelaterie.
Insomma il canguro di Deliveroo ogni tanto smette di saltellare, staremo a vedere se l’azienda si farà viva oppure se continuerà la sua indifferenza e cosa metteranno ancora in campo i rider in lotta.
28 settembre. Durante la street parade che ha attraversato le vie di San Salvario nel contesto della mobilitazione contro il G7, alcuni manifestanti hanno lanciato delle uova di vernice sulla facciata della Fondazione Agnelli di via Giacosa, che tra le altre cose ospita anche la sede torinese di Foodora. Altri manifestanti lungo il percorso hanno chiuso simbolicamente un Carrefour e attacchinato sopra una sede della CISL.
“Multicom Events organizza e realizza eventi e spettacoli per ogni occasione” – recita il sito dell’azienda.
Multicom Events recupera lavoratori che scaricano e caricano impalcature, montano e smontano gazebi, istallano impianti e anche un folto gruppo di addetti alle pulizie assunti giusto per il tempo necessario a produrre l’evento. Ed è così che l’azienda si è occupata dell’organizzazione e della gestione dell’ultimo Salone dell’auto al parco del Valentino.
Tra chi rassettava in mezzo alle auto scintillanti, svegliandosi ben prima dell’alba, sono capitate due amiche e un amico. I problemi, oltre a quelli intrinseci al lavoro e alle fatiche mal retribuite di questa particolare attività, sono arrivati a posteriori, al momento effettivo del pagamento.
A un’amica è stato dato quasi il 25% in meno, un’altra dopo tre mesi non aveva visto ancora un euro e nonostante chiamasse l’ufficio in maniera costante riceveva risposte pretestuose che dilazionavano il problema.
Da ieri Beppe si trova nuovamente rinchiuso in una cella. È stato riarrestato su richiesta dei carabinieri, deputati a controllarlo agli arresti domiciliari, che sono restati fuori dal portone della sua abitazione per tredici minuti senza ottenere risposta. Tredici minuti che per il Gip Pasquariello equivalgono a una vera e propria evasione, dati i doveri previsti dallo status di domiciliato e sono quindi sufficienti a ordinare l’aggravamento della misura.
Per chi volesse scrivergli:
–De Salvatore Giuseppe CC Regina Coeli Via Della Lungara 29 – 00165 Roma (RM)
Il tribunale del Riesame ha deciso di accettare la richiesta di arresti domiciliari per Greg, che da sabato si trova rinchiuso con tutte le restrizioni nella casa precedentemente rifiutata dal Gip perché residenza dei genitori di una compagna.
Non accennano a diminuire le grane detentive degli ultimi mesi. Arrivano infatti altre notizie dalle aule di tribunale: per i coimputati di Greg è stata rigettata la richiesta di togliere le restrizioni. Le motivazioni? Per i signori togati sarebbe troppo presto. Troppo presto nonostante i compagni siano dal 3 di maggio in arresto, tra patria galera e domiciliari senza poter vedere e sentire nessuno, e nonostante il processo inizi a breve.
Dulcis in fundo, il Riesame dell’operazione del 4 agosto per una compagna colpita da divieto di dimora a Torino e provincia ha dato anch’esso esito negativo.
È forse indicativo dei tempi che corrono il tanto battibeccare tra le corti politiche e istituzionali a proposito di una manciata di case popolari occupate tra giugno e luglio. Indicativo di quanto purtroppo sia un fatto così inusuale, almeno nel capoluogo piemontese, tanto da assurgere a materia di sollazzo per i sedentari e annoiati lettori estivi. Eppure lascia trasparire in sottofondo, altrettanto indice dei tempi, quanto esista tra le fila della controparte il timore che il fenomeno dilaghi in un batter d’occhio.
Così mentre i consiglieri di opposte fazioni si contendono la ragione su quante enclavi di illegalità esistono a Torino e su come dovrebbe porsi la Città nei loro confronti, zitto zitto l’OCA (Osservatorio sulla Condizione Abitativa) continua il suo lavoro e senza troppo scalpore ha pubblicato il suo tredicesimo rapporto. I media questa volta non hanno accompagnato la pubblicazione con proclami scandalistici e roboanti su “Torino capitale degli sfratti” o simili, come è avvenuto nel passato recente. Sembra che nel mantra delle programmazioni strategiche tarate al 2020 che si possono leggere a trecentosessanta gradi sui numerosi pamphlet della Città Metropolitana, l’anno 2016, almeno sul fronte casa, sia passato con noncuranza come un macigno incastonato su di un cammino stabile e sicuro che non ammette deviazioni.
Da qualche giorno nel carcere di Gorizia tutta la posta in entrata e in uscita, prima di arrivare nelle mani di Greg e dei suoi destinatari, è letta da un secondino. La Procura ha infatti richiesto un provvedimento di censura convalidato dal Gip dell’inchiesta il quale, non sazio di firmare, gli ha nuovamente negato negli scorsi giorni gli arresti domiciliari sostenendo che i possibili ospitanti non erano idonei perché genitori di una compagna.
Nonostante la censura una lettera giunta da poco è riuscita a serpeggiare tra le maglie della burocrazia penitenziaria anticipando l’emissione del provvedimento. Oltre a un modo di pensarsi e muoversi davanti alla repressione, Greg ci descrive una serie di accadimenti che in qualche modo si inseriscono sull’onda lunga delle proteste, seppur in buona parte svincolate tra di loro, che questa estate hanno coinvolto, da Pisa a Sassari, le carceri della penisola.
Riportiamo qui di seguito il testo
Cella 1.2 della c.c. Gorizia, 27 agosto 2017
“Voglio fare di più. Non si tratta solo di resistere. Voglio tornare ad immaginare mondi nuovi. Voglio riappropriarmi di un’originalità viva, radicalmente altra. Voglio capire che sottrarmi alla cattura non significa solo non farmi arrestare ma anche non farmi prendere, in tutti i sensi. Non farmi concentrare nei campi del discorso nemico, non lasciare che siano altri a decidere il pugno di parole che mi serve per descrivere ciò che sono e ciò che voglio.”
Ispirato dal dialogo II dell’opuscolo “Dialogo sui minimi sistemi”
Grazie agli esploratori e alle esploratrici disperse e coatte del regno di Ade
“Fra ciò che vorrei essere e ciò che sono adesso, c’è il mio percorso”
“Raccontami una storia con una bella fine!
– Non esiste!
– Una bella fine?
– Una fine”
… a chi ha vissuto andarsene un essere amato raggiungere, su quattro zampe o su due gambe, le stelle.
Ciao a tutt*!
Dal regno delle galere che prima o poi faremo cadere scrivo per salutarvi e raccontarvi due cosine. Qua continuo a camminare, a viaggiare e a correre assieme a voi, dentro e fuori, scrivendoci o pensandoci, e dopo questo primo mese di carcerazione sto accelerando: cresce la concentrazione e la forza che ne deriva. Spero di non essere di lunghi pipponi (ma è già troppo tardi) perché piacciono di più guardandoci. Solo che voglio accennarvi due o tre cose sulle quali mi appoggio in questo periodo per rinforzarmi.
Sono stato per tre mesi sotto mandato di cattura e come sapete sono stato arrestato in Italia. Sento la repressione come qualsiasi atto che mi impedisce di decidere, essere, fare, desiderare, consentire, agire. In questi mesi mi sento dunque concentrato sul non scivolare troppo verso l’autorepressione, che per me è l’ultimazione del progetto repressivo, essenza del potere. Concentrarsi quindi ad interrogare e valutare, fra precauzioni e rischi, desideri e paranoie, vita e autorepressione. Questo periodo è stato di grande intensità per cercare di trasformare una situazione di merda in occasioni, belle e forti, di continuare.