Un mulo, carico di sacchi e di bisacce, carico fino a schiantarsi. Dietro di lui il padrone che gli urla di muoversi. Ma lui sta lì, testardo e immobile.
Apprendiamo solo oggi che in Romania non ci sono più rumeni. O meglio, in Romania sono rimasti solo vecchi e bambini e la gente in età da lavoro è quasi tutta in giro per l’Europa.
Eppure, la Romania è piena di italiani. Intanto, tutti quelli che la casa al mare invece di comprarsela a Bordighera se la sono comprata a Costanza, sul mar Nero. Poi, tutti quelli che hanno aperto fabbrichette e fabbriconi in giro per il paese. Questi ultimi sono tanti e sono potenti, e si può dire che in alcune regioni del paese sono semplicemente i padroni assoluti.
Il problema è che gli italiani dei quali è piena la Romania non sanno che pesci pigliare da quando i rumeni sono tutti in Italia. Scarsità di manodopera vuol dire aumento dei salari, e tutti questi italiani c’erano andati, in Romania, proprio perché gli operai disponibili erano tanti, lavoravano per poco e senza rompere i coglioni. Ora invece gli operai si fanno desiderare e pretendono fino a 500 euro al mese!
Insomma, un casino. Roba da vendere tutto e ritornarsene a Treviso.
Pure gli imprenditori rumeni hanno lo stesso problema. Tra l’altro, loro, la scelta di andare a Treviso neanche ce l’hanno.
Ieri, Damiano, il ministro del lavoro italiano, ha incontrato il suo omologo rumeno. Si erano sentiti spesso, in passato, ma senza trovare soluzioni.
Ora, invece, ci siamo. Hanno annunciato congiuntamente un piano di rimpatri volontari di disoccupati rumeni che vivono in Italia. Ora sì che può funzionare, hanno aggiunto sottovoce: l’ondata razzista degli ultimi mesi dovrebbe spingere un bel po’ di emigranti – magari baraccati, o meglio ancora Rom – a tornarsene in Romania, a lavorare.
Lo schiocco della frusta, così, in aria. In mulo sbuffa e scalcia. Poi un urlo, una bastonata. Il mulo abbassa la testa e si incammina lentamente nella direzione voluta dal suo padrone.
C’è chi, da dentro, ha scelto l’arma dello sciopero della fame, autorganizzando una rete di solidarietà che investe il grigiore delle carceri di tutt’Italia. Sono più di 700 ergastolani e circa 8000 detenuti comuni e familiari.
C’è chi, da fuori, si vuole armare di fantasia per esprimere una solidarietà attiva, per contrastare questo delirio securitario, per spezzare un silenzio assordante.
Tante sono le forme di mobilitazione di questi ultimi giorni a Torino. Si tratta ora di renderle imprevedibili, assordanti e diffuse ovunque.
(more…)
APEL CĂTRE TOATĂ COMUNITATEA ROM
Este un mare pericol pentru noi. Politicii şi ziariştii ne acuză pe noi pentru toate lucrurile urâte care se întâmplă în Italia. Statul Italian sa pus dinou în potriva noastră.
Barăcile noastre vin distruse de poliţie sau iau foc şi nu se ştie nicodată cine este de vină. Copii noştri dacă sunt primiţi la şcoală sunt batjocoriţi în fiecare zi, femeile nostre vin bătute, noi suntem concediaţi sau daţi afară din Italia. Şi de câteva săptămâni suntem chiar bătuţi sau omorâţi.
Nu mai putem să stăm să ne uităm fără să facem nimic.
Gata nu mai putem să stăm ascunşi în barăcile noastre şi să aşteptăm ziua în care vine poliţia cu buldozerele pentru a le distruge.
Gata nu mai putem permite să fim închişi în câmpuri comunale, în spate la grate şi cu controlul poliţiei peste familiile noastre. În Milano câteva familii au fost deja îndepărtate din câmpul comunal din via Barzaghi pentru că a fost o rudenie trei nopţi la ei.
Gata cu câmpurile câmpuri-lagher.
Atunci ce putem face?
Lupta din via Adda la Milano ne-a demontrat că există o stradă mai bună pentru noi.
În Milano sunt zece ani că luptăm împotriva rasismului şi pentru a avea o casă unde să trăim cu familia noastră pentru a trăi ca toţi Italieni. Şi am văzut că şi gage au problema casei, precum şi multe alte probleme, în orice caz mai puţine de cât noi.
Nu este adevărat că toţi Italieni sunt împotriva noastră după cum vor să ne facă să credem.De acea ne-am unit cu ei şi participăm la manifestaţiile lor pentru drepturile tuturor aşa că acum sunt mulţi gage care ne ajută.
Acesta ne-a dat curajul de a continua lupta noastră,de a ocupa o altă casă după ce ne-au dat afară din via Adda. Şi de aici au încercat de mai multe ori să ne dea afară dar nu au reuşit. Aşa că după trei ani şi jumătate suntem încă aici.
Nu mai suntem întrun câmp şi avem mai multă libertate. Şi consiliul popular ştie că dacă ne dau afară de aici noi suntem organizaţi şi vom ocupa alte locuri.
Vă trimitem această scrisoare pentru a vă invita să vă uniţi nouă pentru a lupta cu toţii pentru drepturile poporului nostru, împreună cu Italieni care vor să ne ajute.
Via Adda nu se şterge
A tutti i fratelli zigani
APPELLO A TUTTE LE COMUNITA’ ROM
C’è un grave pericolo contro di noi. I politici e i giornalisti ci danno la colpa per tutte le cose brutte che succedono in Italia. Lo stato italiano si è messo di nuovo contro di noi
Le nostre baracche vengono distrutte dalla polizia oppure prendono fuoco e non si sa mai chi è stato. I nostri figli se vengono accettati a scuola vengono insultati ogni giorno, le nostre donne vengono picchiate, i nostri uomini vengono licenziati, espulsi. E da qualche settimana vengono anche aggrediti e uccisi.
Non possiamo più restare a guardare senza fare niente.
Gata restare nascosti nelle nostre baracche aspettando il giorno che arriva la polizia con le ruspe per buttarle giù.
Gata farci chiudere dentro i campi comunali, dietro le sbarre e con il controllo della polizia sulle nostre famiglie. A Milano alcune famiglie sono già state cacciate dal campo comunale di via Barzaghi perché è venuto un parente tre notti.
Gata coi campi campi-lager.
Allora cosa possiamo fare?
La lotta di via Adda ha dimostrato che c’è una strada migliore per noi.
A Milano sono quasi dieci anni che lottiamo contro il razzismo e per avere il diritto ad una casa e a vivere come tutti gli italiani. Ma abbiamo visto che anche i gagè hanno il problema della casa e anche molti altri problemi, anche se meno di noi.
Non è vero che tutti gli italiani sono contro di noi come vogliono farci credere.
Per questo ci siamo uniti a loro, andiamo alle loro manifestazioni per i diritti di tutti e così adesso ci sono molti gagè che ci aiutano.
Questo ci ha dato il coraggio di continuare la nostra lotta, di prendere un’altra casa dopo lo sgombero di via Adda. Anche qui hanno cercato di sgomberarci tante volte ma non ci sono riusciti. E così dopo tre anni e mezzo siamo ancora qui.
Non siamo più in un campo e abbiamo più libertà. E il comune sa che se ci sgombera ancora, noi siamo organizzati e continueremo ancora a occupare.
Vi mandiamo questa lettera per dirvi di unirvi a noi per fare insieme una grande lotta per i diritti del nostro popolo, insieme agli italiani che vogliono aiutarci.
Via Adda non si cancella
Milano, novembre 2007
ŞI CĂTRE TOŢI FRAŢII ŢIGANI
Il cinque di maggio passato, una rapina ad un tabaccaio di Santa Rita. Viene aggredito mentre deposita l’incasso del giorno nella cassa continua di una banca. Reagisce, e gli aggressori lo accoltellano senza farsi tanti problemi.
Si scatena la caccia, sia poliziesca che mediatica. Nessuno sa bene chi cacciare, però, e gli investigatori stessi brancolano nel buio. Così i mass-media hanno le mani totalmente libere per inventarsi un po’ quello che gli pare. Non tanto a cazzo, ovviamente, ma secondo la logica che più conviene loro.
Le domande sono: gli assassini, sono italiani o sono stranieri? Si risponde: certamente banditi stranieri! – magari dell’est, che sono più cattivi. In subordine: balordi italiani – tossici senza dubbio, magari pronti a investire il bottino in festini sensazionali a Tossik Park. Senza dimenticare il leit-motiv di quei mesi là: italiani o stranieri che siano, gli assassini sono senza dubbio pluripreguidicati, tornati in strada grazie all’indulto. Madonna, l’indulto!
Passano i giorni e, mentre gli investigatori continuano a brancolare nel buio, si afferma la verità dei giornali: titolo dopo titolo, editoriale dopo editoriale.
I fascisti hanno gioco facile. Si fanno vedere al funerale, organizzano una fiaccolata, riempiono il quartiere di scritte. Forse il morto era uno dei loro, sta di fatto che ci provano a cavalcare l’emergenza, la caccia a non-si-sa-bene-chi-ma-che-sicuramente-è-straniero-tossico-indultato. Sono le prime uscite veramente pubbliche di Forza Nuova in città. I soliti discorsi: pena di morte, frontiere chiuse, più polizia. Tirano la corda finché possono, poi la gente del quartiere non li segue più, e rimangono soli con la famiglia del morto – che forse era proprio uno dei loro. Non era ancora venuto il loro tempo, a maggio. Oggi chissà.
Ieri mattina hanno arrestato due italiani, un tubista e un barista. Sono accusati di essere una roba a metà tra i “mandanti” e i basisti del fattaccio. Insomma, avevano studiato i movimenti del morto e hanno provato a commissionare il colpo a destra e manca, finché non hanno trovato qualcuno – che non si sa ancora chi è – disposto ad eseguire e a dar loro la stecca.
Ieri sera, nella redazione di un noto quotidiano torinese, il direttore è un po’ imbronciato. «Italiani! Che sfiga, erano italiani. Neanche tossici. Certo, uno dei due è un bel pregiudicato… guarda qui che lista che c’ha sul groppone. Vai di indulto, allora! No, no, aspetta un attimo… è uscito… è uscito… ma porca Madonna, questo è uscito prima dell’indulto! E no! E mo’ che cazzo scrivo?».
Riflette. Si gratta la testa. Poi comincia a scrivere: «Che la vita in questa città valga poco, lo si legge a caratteri cubitali proprio qua sopra, in prima pagina. E l’arresto dei due mandanti dell’assassinio di Claudio Monetti, morto per un fendente al cuore perché non voleva mollare l’incasso della giornata ai balordi che lo minacciavano, ne è la riprova drammatica. E dimostra come la vecchia guardia abbia una facilità straordinaria ad assoldare criminali disposti a tutto per un mazzetto di banconote. Quei criminali che il decreto sulle cosiddette espulsioni facili avrebbe dovuto impacchettare a plotoni e rispedire al mittente, e che invece lascia circolare liberi e sereni. A Torino, per dirla tutta, la burla è anche più pesante che altrove: abbiamo avuto la forza, in un grande dispendio di mezzi ed energie, di espellerne due. Poco importa che, tanto per ripassare qualche numero, siano 405 gli stranieri comunitari arrestati in città negli ultimi dieci mesi e addirittura 2 mila e duecento quelli indagati a piede libero. Se ci aggiungiamo gli oltre duemila romeni e zingari che vivono in bidonville campi abusivi, il conto è salato, preoccupante.».
Il direttore sorride e si stiracchia un po’. «Che ganzo che sono, pure gli zingari ci ho messo in mezzo.»
Abbiamo letto l’appello lanciato «agli anarchici, ai libertari, agli antimilitaristi» da alcuni compagne e compagni di alcune città italiane, che si conclude sollecitando «il parere dei compagni» al riguardo. Raccogliamo l’invito ed entriamo nel merito.
È comprensibile cosa muova i firmatari del suddetto appello. Anni e anni di “operazioni di polizia internazionale”, di “bombardamenti chirurgici”, di “effetti collaterali”… danno infinite ragioni ad una lotta antimilitarista che purtroppo non corre il pericolo di essere superata dai tempi, laddove la capillare presenza sul territorio italiano di strutture belliche o parabelliche fornisce a questa stessa lotta infinite possibilità. Da questo punto di vista, quindi, non possiamo che essere d’accordo con l’invito a rispolverare l’antimilitarismo sovversivo.
Qualche perplessità vorremmo esprimerla invece su come si possa arrivare a questo nobile scopo. Tanto più che, una volta tanto, eventuali disaccordi non corrono il rischio di essere tacciati di alimentare solo sterili polemiche, dato che queste nascono nei «momenti di risacca» (e non certo sull’onda dell’entusiasmo sollevato dalle lotte sociali che stanno dilagando in tutta Italia!).
(more…)

vedi anche
Cittadino!
Controinchiesta sull’incendio del campo nomadi di via Vistrorio.
orrore a roma
– Cittadino –
ieri notte dei tuoi vicini hanno gettato una molotov ai bordi di un campo nomadi sullo Stura, e se ne sono tornati delusi perché nulla ha preso fuoco e nessuno si è fatto male.
– Cittadino –
l’altra mattina quel bestione di tuo cugino ha preso in un angolo una zingara mingherlina che accompagnava i propri figli a scuola e l’ha riempita di botte.
– Cittadino –
non è neanche una settimana che tuo fratello ha applaudito dei benvestiti fascisti che inneggiavano allo sterminio degli stranieri e dei disoccupati.
– Cittadino –
un mese fa hai letto sul giornale delle venti baracche bruciate in via Vistrorio e delle sessanta persone che si sono salvate per miracolo: “tanto sono zingari ladri e straccioni”, hai pensato sorridendo.
– Cittadino –
ti hanno urlato che sei ogni giorno più povero per colpa di chi è più povero di te; che sei insicuro per colpa di chi è più insicuro di te; che hai sempre meno diritti per colpa di chi di diritti non ne ha nemmeno l’ombra; che casa tua cade a pezzi per colpa di chi vive nelle baracche.
– Cittadino –
Ti hanno detto “odia i tuoi fratelli”, e tu li hai odiati.
Ti hanno detto “ama i tuoi padroni”, e tu li hai amati.
– Cittadino –
Te lo ricordi il fidanzato di tua nipote, che caro ragazzo? È morto in un autogrill, gli ha sparato un agente della stradale.
– Cittadino –
Domani sarai costretto a venderti un rene per saldare il conto del dentista, ma senza più straccioni in mezzo alla strada.
– Cittadino –
Il mese prossimo con i soldi della tua pensione ci pagheranno le nuove volanti della polizia.
– Cittadino –
Verrà presto il giorno in cui tuo figlio creperà in uniforme in qualche angolo del mondo, partito in nome dei quattrini e della civiltà.
– Cittadino –
Quando sarai vecchio e bisognoso di conforto sarà una straniera a pulirti e a cambiarti, e troverai sempre qualcuno che riderà di te perché ti pisci addosso, come tu hai riso della paura dei giovani e dei poveri.
– Cittadino –
Quando tuo nipote ti chiederà perché questo mondo fa così schifo, tu dovrai rispondergli: “è stata colpa mia”.
leggi anche:
Controinchiesta sull’incendio del campo nomadi di via Vistrorio.
orrore a roma

Già sei moldavo, e non è una fortuna: tutti ti prendono per rumeno – e quindi pesci in faccia ogni minuto. Però non sei rumeno – niente Unione Europea e quindi ti possono espellere così, in un baleno e senza tanti cristi.
Poi vivi a Settimo torinese, che non è un bel vivere: prendi Torino e la spremi un po’ – tieni solo la nebbia, i palazzoni, le fabbriche, e butti via il casino, i mercati, la gente… ecco Settimo, insomma.
In più casa tua è in un palazzo di vecchi spioni – che non hanno altro da fare nella vita che giocare a bocce e telefonare ai carabinieri.
«Guardi che là, al piano di sopra, vive uno, sa… un extracomunitario, un mezzo rumeno. No, maresciallo, non è che fa casino… no, no, guardi maresciallo… C’ha una faccia, quello lì… come dire… una faccia proprio da clandestino. Sì, da clandestino. Ha capito, neh?»
Sei moldavo, sei clandestino, vivi a Settimo in un palazzo di vecchi spioni: se suona il citofono quando non aspetti nessuno, che fai? Ti butti dalla finestra. E fai bene, perché a suonare è il maresciallo – l’amico della vecchia.
Così i carabinieri salgono di corsa le scale, ti sfondano la porta – però non ti trovano. Tu sei sotto, in cortile, che zoppichi, una gamba fracassata, ma libero: in culo ai carabinieri.
Ti nascondi per un po’, poi ti trascini all’ospedale.
Il dottore è gentile: «è proprio qui che le fa male, neh?». Ti fa le lastre, poi ti fascia. Una pasticca contro il dolore. Ti chiede come stai.
Poi va nell’altra stanza: senti che telefona. È proprio gentile il dottore.
Finalmente tiri il fiato e ti appisoli.
Dopo un po’ si apre la porta. Sono in quattro, ti circondano. Dietro il maresciallo, che stringe la mano dal dottore. Espulso.
Proprio un posto di merda, Settimo.
Con queste note vorremmo sollecitare l’attenzione dei compagni rispetto ad alcune possibilità che si stanno aprendo in Italia per la lotta antimilitarista.
La protesta a Vicenza contro la nuova base USA e per la chiusura della caserma Ederle, quella a Novara contro la costruzione dei cacciabombardieri F-35 ed altre che nasceranno stanno ridando concretezza all’antimilitarismo. Non si tratta più, infatti, di prendere posizione genericamente per la “pace”, ma di impedire la costruzione di alcuni strumenti necessari alla prosecuzione e all’ampliamento della guerra. Se queste lotte non hanno ancora raggiunto l’estensione delle mobilitazioni precedenti contro la guerra (pensiamo alle oceaniche manifestazioni del 2003 contro il conflitto in Iraq), esse hanno degli obiettivi ben più concreti.
(more…)