Orrore a Roma
Ritrovato appeso nelle strade di Torino.
Ritrovato appeso nelle strade di Torino.
Questa sezione ospiterà articoli – non sempre nostri, non sempre condivisi – su temi che riteniamo possano interessare il dibattito interno al movimento.
26 ottobre. Ennesima udienza del processo contro gli occupanti della Croce Rossa. Uno degli imputati prova a leggere una dichiarazione spontanea sui fatti, firmata a tre mani dai compagni sotto processo, ma è interrotto più volte dal giudice. Una dozzina di solidali tra il pubblico si alza in piedi componendo con le lettere impresse sulle loro magliette le frasi: C.R.I. ASSASSINA (davanti) e FUOCO AI CPT (dietro). I solidali vengono subito espulsi dall’aula. Agenti della digos richiedono i documenti ai facinorosi portatori di lettere, nonchè l’esposizione individuale della maglietta incriminata. Il rifiuto da parte del gruppo di sottostare alla curiosità degli agenti, che per altro avevano registrato tutta l’udienza con la telecamera, produce qualche momento di tensione, spintoni e la minaccia di essere tradotti in questura per procedere all’identificazione. Il gruppo non si fa intimidire e, invece di essere caricato sui cellulari, viene infine lasciato andare. I questurini probabilmente tornano alla base a giocare con lettere dello scarabeo più docili e mansuete…
Il processo che ci vede imputati non è teso soltanto a stabilire chi abbia partecipato all’occupazione dei locali della Croce Rossa di Torino il quindici dicembre passato, né se costoro abbiano esercitato una qualsiasi forma di violenza contro chiunque. Su questi argomenti lasciamo parlare i nostri legali: lo sanno fare meglio di noi, e riscuotono tutta la nostra stima e la nostra fiducia.
È un altro l’aspetto di questo processo sul quale vogliamo esprimerci, e vogliamo farlo di persona.
Sia in sede di convalida degli arresti che quando sono state esaminate le misure restrittive che abbiamo subito per mesi, tutte le volte che questo nostro caso è passato tra le mani di un giudice il ragionamento si è sempre incentrato sulla modalità illegale della nostra iniziativa.
“Avranno pure ragione a protestare, questi giovanotti” – è stato detto – “ma quando i contestatori oltrepassano i limiti della Legge vanno puniti, e con severità”. È questo il punto: quando senso della giustizia e Legge sono in conflitto, cosa deve prevalere? È un argomento della massima importanza, per chiunque. Che poi un giudice sia per mestiere dalla parte della Legge è cosa scontata, e non abbiamo nessuna velleità di convincerlo del contrario.
Ma questo è uno spazio pubblico, oltre ad essere un’aula di tribunale, e non vogliamo perdere neanche una occasione per affrontare in pubblico questo tema, che è vitale per tutti.
L’aria delle nostre città è piena di tensione e di rancore – perché si fa fatica ad arrivare alla fine del mese; perché nessuno sa che cosa accadrà domani; perché i ritmi cui siamo tutti costretti sono inumani; perché la guerra che l’Occidente ha esportato ovunque nel mondo sta facendo capolino anche in casa nostra.
Eppure, in tanti volgono il proprio sguardo rabbioso non contro chi l’ha organizzato, questo sfascio, ma contro gli ultimi arrivati, contro gli esclusi, contro i diversi – come se fossero davvero loro la causa di tutto questo. Come in altri tempi, i padroni e i loro protettori politici soffiano sul fuoco avvelenato della guerra tra poveri nella speranza di mascherare le proprie responsabilità.
Ci siamo detti per sessanta anni che non sarebbe mai più successo, eppure il baratro è alle porte.
Cosa dire di un ministro degli Interni che propone di varare leggi speciali e istituire punizioni collettive – come sta facendo Amato contro i Rom? È troppo parlare di leggi razziali?
Cosa dire dei gendarmi che sparano o massacrano di botte stranieri sospettati di essere ladri, spacciatori, o semplicemente taccheggiatori di supermercati? Due morti in due mesi, nella sola provincia di Torino, ed un ferito grave. È esagerato parlare di reintroduzione informale della pena di morte?
Cosa dire dei Centri di Permanenza Temporanea dove vengono rinchiusi uomini e donne la cui unica colpa è quella di essere di troppo nelle nostre città? Solo in questi giorni una neonata è rimasta intossicata dai fumi dei lacrimogeni e due internati sono morti dentro dei Cpt italiani. È eccessivo parlare di lager?
Cosa dire di chi gestisce i Centri di Permanenza Temporanea, magari imbottendo gli internati di psicofarmaci e calmanti – come ha fatto per lungo tempo la Croce Rossa a Bologna e come fa tutt’ora la Misericordia a Modena? È troppo parlare di aguzzini?
Cosa dire delle retate continue, delle camionette ovunque, della gente finita in carcere per delle semplici scritte sui muri? È più corretto parlare di stato di polizia o di società carceraria?
Cosa dire delle sanguinose aggressioni contro gli stranieri perpetrate nei giorni scorsi, a quanto pare, dai rampolli annoiati della Torino bene? Cosa dire quando i vecchi fascisti rialzano la testa e attaccano senza timore omosessuali, scuole occupate, dissidenti? Prove pratiche di squadrismo è una definizione troppo allarmista?
Cosa dire quando, incitato da uomini politici di ogni colore, da giornalisti e anche da comici alla moda, c’è chi tenta di uccidere nel sonno uomini, donne e bambini? L’attentato al campo Rom di via Vistrorio a Torino è parte di una lista che si allunga ogni giorno di più. Si può dire che in giro c’è voglia di pogrom? È sgarbato dire che la Bosnia è dietro l’angolo?
Su come affrontare adeguatamente questi tempi urge una riflessione, anche lunga ed articolata.
Ma in questa aula ci può bastare invitare tutti a volgere lo sguardo ad un esempio del passato. Quando, dalla fine degli anni Trenta in poi, è iniziata la persecuzione anti-ebraica c’è stato in Italia chi ha applaudito e chi si è limitato a tacere. Ma c’è stato anche chi, in qualsiasi maniera, si è opposto. In qualsiasi maniera, ma sempre fuori dalla Legge. Ed è a questi fuorilegge che va il nostro ricordo.
Perché, quando i tempi si fanno tanto scuri, chiunque abbia conservato anche solo un poco di senso della giustizia è per forza di cose fuori dalla Legge.
Quando i tempi si fanno tanto scuri, l’applauso o anche solo il silenzio sono cose legali, certo, ma sono anche cose delle quali vergognarsi per una vita intera.
Il mondo che stanno preparando è di nuovo un mondo in cui persone “normali” – proprio quelle persone che siedono accanto a noi negli autobus, quelle persone che incrociamo ogni giorno al supermercato – sono pronte ad applaudire ai roghi o ad uccidere con le loro stesse mani in nome di una razza, di una cultura, di un dio o anche solo in nome della “sicurezza”.
Ci hanno portato a questo punto. Ora non possono chiederci di stare calmi.
Alessandro Grana
Andrea Ventrella
Aurelio Loprevite
(Questa dichiarazione è stata letta durante l’udienza del 26 di ottobre del 2007 da uno degli imputati del processo per l’occupazione della Croce Rossa)
Questa sera un gruppetto di sfacciati esponenti del comitato senza quartiere “Pozzo Nero” è entrato nella sede del quotidiano Torino Cronaca, incurante delle otto telecamere del sistema di videosorveglianza, per consegnare il comunicato allegato.
Prima di andarsene, i nostri eroi hanno ritenuto doveroso allagare gli uffici con un cocktail di liquami variamente assortiti – alla scientifica l’arduo compito di distinguerne i componenti – conditi con Creolina®, il più potente tra i disinfettanti per stalle e porcilaie. Tutto questa merda, a imperituro ricordo dello schifo che ogni sincero antirazzista dovrebbe nutrire per tutti gli istigatori all’odio verso stranieri, clandestini, zingari, omosessuali, abusivi…
Di questa iniziativa esiste ovviamente un video che sarà messo in rete non appena dissequestrato. Il filmato è completo, ma manca l’epilogo: redattori inferociti provano ad inseguire i contestatori, urlando a più riprese “sparagli, sparagli!”. Ma il gruppetto si era già atleticamente dileguato.
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Non c’è più tempo da perdere
L’altra notte è bruciato il campo nomadi di Via Vistrorio, a Torino. È solo un caso se nessuno si è fatto male: gli abitanti si sono accorti in tempo del rogo e sono scappati.
L’altra notte è bruciato il campo nomadi di Via Vistrorio e non è stato un incidente. Qualcuno ha preparato delle molotov, ha aspettato la notte, si è appostato dietro il recinto del campo e quando si è accorto che tutti dormivano le ha lanciate.
L’altra notte, gli autori del fallito pogrom in via Vistrorio si sono sentiti sicuri. Ragazzini di quartiere o stagionati fascisti che siano, sanno di avere tutto un mondo dalla propria parte.
Un mondo in cui sindaci e assessori trattano i Rom come cani da scacciare il più lontano possibile, da far dormire all’addiaccio, da bastonare.
Un mondo in cui i giornali urlano che gli “zingari rubano i bambini” (raccontando storie che vengono sempre smentite nel giro di qualche giorno) e che i clandestini “stanno portando alla bancarotta il sistema sanitario”.
Un mondo in cui martellanti campagne leghiste o fasciste hanno convinto la gente sono “i privilegi concessi agli stranieri” a farci faticare ad arrivare alla fine del mese e non invece il raddoppio delle spese militari, i miliardi di euro investiti in opere utili solo agli industriali, i salari e le pensioni indecenti…
Un mondo in cui sempre meno gente in strada ha il coraggio di guardare in faccia i propri nemici reali, di prendersela con i padroni e con i loro protettori politici: molto più facile accanirsi contro gli ultimi arrivati, contro i poveri, contro gli esclusi.
In questo mondo, le molotov contro il campo di via Vistrorio sono la normalità. Del resto, non è stato il ministro Ferrero a dichiarare che i Rom in Italia sono troppo numerosi e che sarebbe il caso che la Romania se ne riprendesse indietro qualcuno? E non è stato Beppe Grillo, un comico che alcuni considerano un sovversivo, a definire i Rom una “bomba ad orologeria”? E non è stato proprio il ministro degli Interni ad affermare che contro i Rom si devono applicare punizioni collettive? Che è giusto espellere anche i familiari di chi è sospettato di qualche reato?
Il fallito pogrom dell’altra notte lo hanno organizzato, insieme, i ministri, i giornalisti, gli assessori, i fascisti ed addirittura i comici. Chi ha lanciato le molotov ha prestato loro le proprie braccia, nulla più.
L’aria che respiriamo, in questo mondo, è la stessa della Germania del ’32. E sappiamo come è andata a finire, per tutti.
Cette nuit a brûlé le camp de nomades situé via Vistrorio, à Turin. C’est seulement un hasard si personne n’a été blessé : les habitants se sont aperçus de l’incendie à temps et se sont enfuis.
Cette nuit a brûlé le camp de nomades de via Vistrorio et ça n’a pas été un accident. Quelqu’un a préparé des molotovs, a attendu la nuit, s’est posté derrière les barrières du camp, et lorsqu’il a été sûr que tout le monde dormait, les a lancés.
Cette nuit, les auteurs du pogrom manqué via Vistrorio se sont sentis en sécurité. Jeunes du quartier ou fascistes aguerris, ils savent qu’ils ont tout un monde de leur côté. Un monde dans lequel les maires et leurs adjoints traitent les Rom comme des chiens à chasser le plus loin possible, à faire dormir à la belle étoile, à bastonner.
Un monde dans lequel les journalistes hurlent que les «tziganes volent les enfants» (racontant des histoires toujours démenties quelques jours plus tard) et que les clandestins «sont en train de provoquer la faillite du système de soin».
Un monde dans lequel les campagnes ininterrompues des léguistes ou des fascistes ont convaincu les gens que ce sont les «privilèges accordés aux étrangers» qui provoquent nos difficultés à finir le mois et pas au contraire le doublement des dépenses militaires, les milliards d’euros investis dans des travaux utiles aux seuls industriels, les salaires et les retraites indécents…
Un monde dans lequel toujours moins de gens ont le courage de regarder en face leurs propres ennemis réels, de s’en prendre aux patrons et à leurs protecteurs politiques : c’est beaucoup plus facile de s’acharner contre les derniers arrivés, contre les pauvres, contre les exclus.
Dans ce monde, les molotovs contre le camp de via Vistrorio sont la normalité. Du reste, n’est-ce pas le ministre Ferrero qui a déclaré que les Rom en Italie sont trop nombreux et qu’il serait temps que la Roumanie en reprenne quelques uns ? N’est-ce pas le ministre de l’Intérieur qui a affirmé qu’on doit appliquer des sanctions collectives contre les Rom ? Qu’il est juste d’expulser à leur tour les proches de ceux qui sont suspectés de quelque délit ?
Le pogrom manqué de cette nuit a été organisé ensemble par les ministres, les journalistes, les adjoints et les fascistes. Ceux qui ont lancé les molotovs leur ont prêté leur bras, rien de plus.
L’air que nous respirons, dans ce monde, est le même que celui de l’Allemagne de 1932. Et nous savons comme ça a fini.
Il n’y a plus de temps à perdre.
Questo pomeriggio, un gruppo di imprendibili guastafeste ha interrotto una conferenza di Maurizio Cheli, il famosissimo astronauta emiliano. Costui, non pago di avere lavorato per la Nasa, attualmente sbarca il lunario collaudando aerei da guerra per conto dell’Alenia a Caselle.
Alla domanda “Quanta gente è stata uccisa grazie al tuo lavoro?” postagli dai contestatori Cheli ha svicolato sostenendo che il tema della conferenza era un altro. In effetti l’incontro verteva sui nuovi prototipi di aerei all’idrogeno, ma i nostri guastafeste hanno preferito imporre un tema più urgente, cioè il rapporto tra etica e tecnologia.
Sia il pubblico che l’astronauta non hanno gradito l’intervento, probabilmente perché il suono di parole come “etica” e “coscienza” causa loro un fastidioso mal di testa.
Durante l’intervento è stato srotolato uno striscione contro la costruzione di nuove basi e contro la ricerca militare, mentre il pubblico è stato sommerso da volantini.
Poi, vedendo che non c’era proprio più nulla da fare, i nostri contestatori se ne sono andati.
16 luglio. Collegno. Danneggiata l’auto di un progettista della Coema Edilità Srl, l’impresa che sta terminando il raddoppio del Cpt di corso Brunelleschi, dopo aver vinto nella primavera del 2006 un appalto da 11 milioni di euro.