Per scrivere ai compagni

LORENZO SALVATO

CAMILLE CASTERAN

GIUSEPPE DE SALVATORE

ANTONIO RIZZO

FRANCISCO ESTEBAN TOSINA

c/o Casa Circondariale Lorusso e Cutugno
Via Maria Adelaide Aglietta, 35, 10149 Torino TO

Per chi, invece, vuole aiutare a far fronte alle spese legate alla detenzione dei compagni:

IBAN: IT67T0316901600CC0011061808
BIC/SWIFT: CIPBITMMXXX.
Intestato a: Giulia Merlini
Per i versamenti dall’estero potrebbe essere necessario anche l’indirizzo della banca: Istituto Centrale Banche Popolari Italiane, c.so Europa 18 Milano -20122

Arresti d’agosto

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Il caldo agostino non è l’unico a rendere soffocante l’aria. Dopo gli arresti di ieri a Firenze, Roma e Lecce,  la mannaia estiva è arrivata anche a Torino: Digos e celerini si sono presentati stamane poco dopo le 6 h all’occupazione di corso Giulio Cesare 45 e in alcuni appartamenti privati per effettuare cinque arresti e notificare due divieti di dimora.

I compagni che vivono nello stabile occupato sono saliti sul tetto e là sotto si è formato un gruppo di sostegno, anche perché nell’immediato non era ben chiaro il motivo dell’operazione. Poco dopo sono arrivati anche i mezzi dei vigili del fuoco a coadiuvare l’azione poliziesca e in virtù di questo hanno ricevuto i giusti insulti. Il loro meschino lavoro di monitoraggio dei compagni sul tetto è durato però poco, fintantoché, compreso che non si trattava dello sgombero, Lorenzo – l’unico in casa a cui era destinato l’arresto – non è sceso.

Notizie più precise sono arrivate tuttavia dalle case in cui Cam, Fran e Antonio stavano già scontato gli arresti domiciliari per altro procedimento, e ahinoi torneranno in carcere per quest’ultimo; a loro si aggiunge anche Beppe, mentre per altre due compagne è stato comminato il divieto di dimora a Torino e provincia.

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Greg in arresto

Nelle carte dell’operazione repressiva del 3 maggio, oltre ai nomi di Cam, Antonio, Fran, Antonio, Fabiola e Giada, c’era anche quello di Greg. Per mesi non è stato trovato, fino a oggi in cui è stato fermato dai carabinieri a Gorizia per un controllo stradale e portato poi in caserma per l’arresto.

Per qualche giorno sarà rinchiuso nel carcere friulano e poi molto probabilmente sarà trasferito alle Vallette.

Intanto è possibile mandargli qualche telegramma di incoraggiamento perché è il metodo più veloce in vista della possibile traduzione in un altro carcere.

Gregoire Yves Robert Poupin

Casa Circondariale

via G. Barzellini n. 8 34170 GORIZIA

Nonostante la canicola

 

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Una pia illusione quella della città deserta nelle settimane del caldo torrido. Benché sia vero che tra luglio e agosto in moltissimi scappano via da Torino, c’è anche chi rimane coi piedi di piombo, chi non può andare da nessuna parte perché anche un giorno di spiaggia in Liguria costa, chi si prenderebbe anche una boccata d’aria ma è costretto a rimandare perché a due passi da ferragosto una banca gli pignorerà la casa dove vive.

Nella rappresentazione monolitica che viene propinata ovunque e di continuo, la città è scolpita lungo le direttrici del movimento, il luogo dei flussi e della mobilità; coloro che non alimentano quest’immagine sono ascritti a percentuale residuale, fisiologica, poco importante.

Coloro che non si spostano, o che hanno di rado la possibilità di farlo, sembra che non esistano. Eppure a volte decidono di farsi notare.

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Il grande assente

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Sta giungendo ormai a conclusione il processo contro la lotta agli sfratti. Ricordate? Quello per cui il 3 giugno 2014 il Tribunale di Torino dispose 29 misure cautelari, tra cui 11 arresti in carcere e 6 ai domiciliari. Ai tempi abbiamo parlato a più riprese di questa operazione giudiziaria che è stata occasione anche di qualche riflessione un po’ più approfondita del solito sulla resistenza contro gli sfratti. Ultimamente non vi abbiamo dedicato molto spazio, concentrati come siamo stati a cercar di creare più grattacapi possibili a chi governa questa città, e a pararci dai numerosi colpi che nel frattempo ci sono continuati a piovere addosso dal Palazzo di corso Vittorio Emanuele II. La Giustizia ha comunque seguito il suo corso. Molto celermente tra l’altro, se si pensa che in poco più di un anno sta arrivando alle battute finali un processo con una trentina di imputati e altrettanti capi di imputazione. Nella prossima udienza prevista per il 6 ottobre verranno ascoltati gli ultimi testimoni, e parleranno quindi i pubblici ministeri e gli avvocati di parte civile con le loro richieste di condanna e di risarcimento. Il 10 ottobre sarà poi la volta degli avvocati della difesa e la palla passerà poi ai giudici per la sentenza.

In aula questa mattina gli imputati e i solidali presenti hanno potuto salutare e abbracciare Camille, ancora agli arresti domiciliari con tutte le restrizioni dal 3 maggio scorso. Durante l’udienza è stata inoltre letta una dichiarazione sottoscritta da gran parte degli imputati che hanno voluto dir la loro su questo processo. Ve la proponiamo, e torneremo a parlare di questo processo il 6 ottobre, quando sapremo a quanti anni di carcere ammonterà la richiesta della Procura.

«Ormai tre anni fa la Procura, ordinando l’arresto di molti di noi, individuava centoundici tra compagni, solidali e persone sotto sfratto come responsabili di una lotta che ha ostacolato centinaia di sfratti nelle strade di alcuni quartieri di Torino. Oggi sotto processo in quest’aula per quella lotta ci sono una manciata di anarchici. E va bene così: meno sono le persone a dover avere a che fare con il pallottoliere penale dei tribunali, meglio è.

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Altro giro, altra corsa

 

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Stamane, all’ombra di ciò che rimane delle Officine Grandi Motori Fiat, sono stati occupati alcuni appartamenti di proprietà dell’Atc. Come già era successo due settimane fa in via Aosta, un folto gruppo di sfrattandi, amici e solidali si sono organizzati per non lasciare più vuote alcune case, stavolta al 30 di via Cuneo. Si tratta del primo insediamento torinese IACP, un comprensorio liberty costruito tra il 1908 e il 1910 per dare alloggio alla classe operaia, quella da spremere nella vicina Fiat e nelle tante fabbrichette che andavano moltiplicandosi nel territorio a nord del centro cittadino soprattutto nella prima decade del ‘900.

Poco dopo l’inizio dell’occupazione si sono presentate cinque volanti della polizia, i borghesi di Porta Palazzo e vari agenti della Digos; hanno fatto irruzione nel cortile ma si sono trovati di fronte una schiera nutrita di una cinquantina di persone a difendere il portone di casa, tutte determinate a resistere. Dopo venti minuti hanno desistito e se ne sono andati, solo la Digos si è attardata in strada a parlare con Luca Deri, fulgido presidente della Circoscrizione 7 che da anni chiede lo sgombero delle case occupate. Non ci stupiremo se a breve dovesse firmare l’ennesima cartaccia per chiedere gli sgomberi anche in via Cuneo 30.

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Giudici che scrivono, giudici che uccidono

11 luglio. Arriva sulle pagine di cronaca, a distanze di mesi, la notizia della morte di un detenuto nel carcere delle Vallette. Il decesso è stato causato dal mancato ricovero del detenuto che era affetto da patologie gravi e negli ultimi tempi aveva subito un peggioramento. In una relazione del direttore sanitario del carcere era stato indicato il «concreto rischio di morte» del recluso, nonostante ciò, i giudici del tribunale di Sorveglianza avevano negato l’uscita dal carcere dichiarando «Il quadro clinico appare certamente compromesso, le sue condizioni lo esporrebbero a identico rischio anche all’esterno del carcere, ove anzi egli sarebbe esposto a condizioni di vita meno controllate anche sotto il profilo sanitario».

Senza alluminio

10 luglio. Gli operai della Comital, azienda leader nel settore della lavorazione dell’alluminio per alimenti, hanno deciso di scioperare. L’azienda, acquisita due anni fa dal gruppo francese Aedi, è in difficili condizioni finanziarie: dopo varie perdite negli ultimi due anni, non è riuscita più a investire. Ora sta utilizzando la cassa integrazione, non per mancanza di commesse, ma di materie prime da utilizzare.

Copertoni infuocati

9 luglio. A tarda sera l’autostrada Torino-Bardonecchia viene chiusa poiché nella regione Prapontin, sotto il comune di Susa, alcuni incappucciati hanno sistemato e infuocato dei copertoni sulla carreggiata.

Luglio al Cpr

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ANCORA FIAMME ALL’AREA BLU

Giovedì scorso dentro al Cpr sabaudo qualche recluso ha dato fuoco a una coperta nella “sala da pranzo” dell’Area Blu. Evidenziare un motivo solo che fa scatenare gesti rivoltosi non coglierebbe la complessità della situazione detentiva, soprattutto d’estate; il caldo asfissiante, il cibo marcio e i continui pestaggi delle forze dell’ordine sono sì le prime motivazioni che spingono l’azione, ma sono anche la punta dell’iceberg che viene covato da chi subisce la detenzione amministrativa. Forse era solo un gesto simbolico – chi può dirlo. Fatto sta che, anche se il fuoco si è spento subito, la minaccia di gesti simili per chi gestisce il Centro è continua quanto la voglia di libertà di chi è costretto a starci dentro.

Non è un caso infatti che si tratta del secondo tentativo di incendio in pochi giorni, il secondo dopo quello del 5 luglio per cui un ragazzo è stato di fatto accusato dell’accaduto e viene tenuto nell’isolamento, nella “stanza liscia”, senza letto, materasso, né coperte; dorme con un polso probabilmente rotto, a quanto pare è diventato pure tutto giallo e da giorni gli impedisce di dormire, ma non è mai stato portato in ospedale. Inoltre per almeno un giorno pare che non gli abbiano dato né cibo né acqua, ha “diritto” a una mezz’ora di aria al giorno.

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