Controlli a tappeto

1 luglio. Nel fine settimana hanno preso luogo controlli straordinari nelle stazioni ferroviarie del Piemonte e Valle d’Aosta. I poliziotti hanno eseguito i controlli su viaggiatori e relativi bagagli con l’utilizzo di metal detector e altri strumenti di recente acquisizione da parte della PolFer. Sono state identificate complessivamente 430 persone, di cui 9 sono state rilasciate dall’autorità giudiziaria a piede libero. A Porta Nuova sono stati fermati due ladri d’abiti e un giovane writer. Il graffitaro quattordicenne è stato denunciato all’autorità giudiziaria minorile per deturpamento e sanzionato al pagamento di una multa di 500 euro in quanto occupava una zona ferroviaria interdetta.

Stufi e intrepidi

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Nello svolgersi di questa precoce estate l’aria che si respira pare alquanto densa e irrespirabile in città, la normalità è tediosa e asfissiante. L’esasperazione a cui conducono le miserie e i problemi quotidiani, quelli creati dalla brutalità del lavoro, della burocrazia, dell’attesa per un briciolo di assistenza spingono molto spesso a gesti esasperati in solitaria, oppure semplicemente alla lamentela e all’immobilità. Il controllo e la disciplina imposti partoriscono rare esagitazioni solo nell’istante in cui si mostrano chiare, plateali, in altri momenti ci si è assuefatti.

Tra i tanti problemi, spesso intrecciati, quello di mantenersi un tetto sopra la testa è un faccenda che assilla molti, non solo a Torino. Lo si ripete dappertutto. Lo stato sociale che si preoccupava di costruire e distribuire case a modico prezzo alle famiglie proletarie  è limpidamente in fase di ristrutturazione. Il mondo del lavoro sempre più flessibile e precario, dove i lavoratori sono un numero nei parametri di competitività delle aziende, muove di riflesso un apparato di riproduzione sociale volto alla messa in moto di capitale umano e di circuiti produttivi dove le persone incluse e valutate sono tante quanto quelle escluse e messe da parte. In breve, oggi, mettersi in lista per la casa popolare e pensare di ottenerla, perdipiù in tempi ragionevoli, è un sogno da illusi.

Il bisogno di casa in città non può essere soddisfatto dall’ente Atc, che, anzi, negli ultimi tempi sta tentando di snellire la propria organizzazione burocratica e aziendale svendendo il patrimonio edilizio.

Per questo le 900 case popolari che rimangono vuote sono un’opportunità per chi decide di non stare a contare le proprie sfighe, ma prova a destreggiarsi sulle faglie della possibilità. Un’opportunità da cogliere in fretta come è successo oggi in via Aosta 31, dove un gruppo di sfrattandi e solidali ha occupato delle ‘case popolari’ lasciate vuote da anni. L’agenzia territoriale per la casa ha fatto presto a diffondere la notizia che sono appartamenti in via di assegnazione, peccato siano le stesse affermazioni diramate anche un paio di anni fa quando due di questi alloggi vennero occupati da alcuni compagni. L’occupazione durò solo un mese e dopo lo sgombero l’Atc ha tenuto per anni gli alloggi non solo vuoti ma persino murati.

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Due su tre

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Mentre nell’atrio del Palazzo di Giustizia di Torino si alza uno striscione che dice la sua sugli arresti del 3 maggio scorso, arriva la notizia che per Francisco e Antonio Rizzo sono stati disposti gli arresti domiciliari con tutte le restrizioni e in giornata lasceranno quindi il carcere delle Vallette. Antonio Pittalis, in sciopero della fame dal 21 giugno, dovrà invece attendere ancora un po’ per sapere se potrà varcare il cancellone di via Maria Adelaide Aglietta: per ragioni burocratiche la sua domanda non otterrà risposta prima di qualche giorno.

11 kg in 8 giorni

 

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Di nuovo sul pratone delle Vallette, a distanza di qualche giorno dal presidio di domenica. Questa volta la temperatura esterna è decisamente più mite e il sole è sostituito da minacciosi nuvoloni neri all’orizzonte. Da dentro la risposta dei detenuti alle urla dei solidali è altrettanto pronta e rumorosa. Le urla da dentro e fuori durano circa una ventina di minuti, con i petardoni utilizzati per riempire i silenzi tra un coro e l’altro. Le notizie più significative della giornata arrivano però dai colloqui dei compagni rinchiusi alle Vallette. Antonio ci fa sapere che ha perso 11 kg negli 8 giorni di sciopero della fame e che ogni giorno il medico gli misura la pressione e lo pesa. Un gran sostegno gli arriva dai  compagni di detenzione, che tra l’altro hanno apprezzato particolarmente la sua lettera, molto precisa sulla descrizione di una giornata tipo nel blocco C. Tuttavia, in attesa dell’ennesima risposta all’ennesima istanza al Gip Arianna Busato, spetta a noi rincarare il sostegno ad Antonio che ostinato sta continuando lo sciopero della fame.

Un bel pugno in faccia

27 giugno. Sul 4, mentre attraversa Barriera di Milano, un giovane ragazzo nero si difende dalle provocazioni di un fascista colpendolo con un pugno in faccia. Il fascio è costretto a scendere dal tram, sanguinante, guardato torvo da parecchie persone; nonostante ciò continua a recitare il saluto “Sieg Heil”.

Esasperazione

27 giugno. Alla sede dell’Inps in corso Giulio Cesare 290 una donna si dà fuoco agli sportelli. È da sei mesi che è stata lincenziata, poichè il servizio di pulizie che offriva da dieci anni a una birreria è stato esternalizzato. Ed è da sei mesi che è rimasta incastrata in procedure burocratiche che non le permettono di ottenere l’indenizzo di disoccupazione che gli spetta. All’ennesima richiesta di paziente attesa da parte degli impiegati Inps la signora si è cosparsa di alcol e si è data fuoco. Ora è in pericolo di vita.

Periferie sicure

26 giugno. Nell’ambito di un’operazione a carattere nazionale che ha interessato 13 città italiane, tra il 15 maggio e il 3 giugno si è intensificata l’attività di controlo delle forze dell’ordine anche nei quartieri periferici e in quelli della movida torinesi. Il bilancio in città è di 1059 persone controllate di cui 58 denunciate a piede libero e 22 arrestate. 14 le persone trovate senza i documenti in regola per le quali è stata avviata la procedura di espulsione. Sequestrati inoltre ingenti quantità di sostanze stupefacenti e comminate 43 multe a 35 esercizi commerciali.

Un pensiero d’estate

 

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Tagli sul corpo e tentativi di impiccagione. Ad alcuni in queste settimane sembra l’unico modo per riuscire a farsi ascoltare nel Cpr torinese. L’aspettativa viene piuttosto delusa quando, non di rado, con qualcuno appeso al cappio, il lavorante di Gepsa si volta dall’altra parte con un annoiato “fa finta“. Sono i reclusi a salvarsi la pelle tra di loro, a loro il compito di capire come giocarsi le strade per la libertà nella consapevolezza generale che è meglio che giocarsi la vita.

Certo, questo caldo e le condizioni detentive non assicurano la miglior prontezza di spirito, ci si aggiungono poi anche i continui pestaggi delle forze dell’ordine. Un racconto tra i tanti: qualche giorno fa un ragazzo tunisino è stato picchiato da diversi agenti dopo che, avendo ricevuto l’ennesimo diniego a una richiesta fatta ai gestori del centro, chiedeva spiegazioni. “La polizia gli ha detto: vieni a vedere. E lui è caduto nella trappola“. “L’hanno massacrato di botte”, dice chi ha visto. “Chiusi qui dentro senza motivo- le persone stanno impazzendo. Tanti motivi. Solo quando sei in una stanza buia con loro capisci le cose. Due volte a settimana, tre, dipende, ci sono pestaggi. Tutti i giorni litighiamo per il cibo. Verso 8,30-9 di sera litighiamo sempre con loro. Ora ci danno sempre solo pane olio, una coscia di pollo, basta. Una zuppa da schifo. Così non puoi andare avanti.

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Un caldo sabato tra grano e cemento

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La giornata inizia nel caldo torrido del tardo pomeriggio torinese sul pratone davanti ai blocchi B e C del carcere delle Vallette. Il tempo di montare l’impianto e salutare i detenuti con qualche slogan e petardone e da dentro molti reclusi fanno subito sentire la propria voce unendosi all’urlo: «Libertà».

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Da tenere a mente

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Dopo parecchie settimane dagli ultimi arresti arrivano alcune parole retrodatate sul prelievo del Dna, coatto e non, da una compagna ancora reclusa. La normalizzazione del campionamento del nostro corredo cromosomico e di quello della popolazione che è costretta a transitare per le stanze della questura continua a far riflettere e immaginare modi per opporsi.

p { margin-bottom: 0.25cm; line-height: 120%; }«Il 3 maggio 2017, poche ore dopo gli arresti avvenuti all’Asilo, all’occupazione di corso Giulio Cesare e quella di Borgo Dora, ci siamo dovuti confrontare con il prelievo del Dna in questura prima di essere portati in carcere. Alcuni di noi volevano sapere cosa si intendeva con il “prelievo coatto” e/o non volevano cedere così, in ogni caso. Un testo di un compagno su questo è già apparso qualche giorno dopo e non ho l’intenzione di ripetere la descrizione poiché ho vissuto sensazioni simili: l’esitazione dei poliziotti dato che era una delle prime volte che gli capitava di fare un prelievo coatto, piuttosto che la messa in scena teatrale della funzione dell’estrazione del campione. Scrivo solo alcune parole per aggiungere un racconto e mantenere un’attenzione tra di noi su questo nuovo strumento di schedatura, con cui prima o poi tutti i compagni dovranno confrontarsi.

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