Fran in sciopero della fame – aggiornato

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Dalla sezione Nuovi Giunti del blocco B del carcere delle Vallette, Fran ha inviato una lettera in cui ci comunica che ha fatto uno sciopero della fame di 24 ore, da sabato 27 a domenica 28 maggio, insieme ad un altro compagno di sezione contro le condizioni di detenzione all’interno dei Nuovi Giunti, in solidarietà con altri prigionieri rivoluzionari e per aderire all’appello “Per un giugno pericoloso”.

In un’altra lettera arrivata successivamente, Fran ci informa che inizierà un altro sciopero della fame, questa volta di 7 giorni, a partire da lunedì 5 giugno contro le condizioni di detenzione nei Nuovi Giunti e per ottenere il trasferimento in un’altra sezione.

Ne approfittiamo per comunicare che è stato disposto il giudizio immediato per i fatti che hanno portato agli arresti del 3 maggio  e il processo comincerà, saltando l’Udienza Preliminare, il 5 ottobre.

Quella che segue è la letttera di Fran sullo sciopero della fame di 24 ore.

«Ciao a tutti e a tutte,

Sono al blocco B, nella sezione Nuovi Giunti del carcere delle Vallette a Torino.
In questa sezione si può andare in palestra due mattine alla settimana, al cinema una mattina alla settimana e un pomeriggio a fare attività di arte o musica. C’è anche un corso di italiano in contemporanea alla palestra, arte o musica. Di solito tutti vogliono andare a queste attività perché sono concessi 30 minuti in più rispetto all’aria.
Siamo rinchiusi 22 ore al giorno, 2 ore sono d’aria. Niente socialità, con gli altri detenuti ci si parla solo tra le sbarre o durante la doccia. Quasi tutti i materassi hanno la muffa, riceviamo minacce e ricatti continui dalle guardie e nessuna o poca informazione di quello che è il carcere e dei nostri diritti. Per sapere qualcosa ci si passa le informazioni tra detenuti o si deve aspettare che gli aguzzini siano dell’umore giusto. È proprio una sezione di punizione, costretti ad ascoltare le loro risposte degradanti e apatiche!


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Attorno a via Germagnano

31 maggio. È durato quattro ore, fin dopo la mezzanotte, il blocco a intermittenza del traffico su corso Vercelli da parte di alcune persone che vivono nei pressi di piazza Rebaudengo. A scatenare la protesta alcuni roghi di rifiuti appiccati nei pressi del campo rom di via Germagnano. Le persone scese in strada avrebbero tentato anche di dirigersi verso il campo, senza riuscirci per l’intervento di un cordone di poliziotti in tenuta antisommossa che hanno bloccato gli accessi.

Guardie e commessi in blocco

29 maggio. Due ore di blocco dei cancelli davanti al centro di distribuzione della Lidl di Volpiano hanno impedito l’ingresso e l’uscita di una ventina di camion. A portare avanti la protesta una cinquantina di dipendenti della Securpolice, azienda di vigilanza, e della Sigilog, società  specializzata nella logistica, che lavorano in appalto nei discounts. Alcuni lavoratori sono arrivati anche da altre regioni per protestare contro i bassi salari e i ritardi nei pagamenti. La strada è stata liberata dopo l’intervento di un legale del Lidl che ha promesso un incontro con i responsabili delle due società appaltatrici.

Fiato sul collo

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Mattino, ore 6:20, la polizia sbatte contro la porta della camera di una compagna in via Borgo Dora 39, edificio abitato da famiglie sotto sfratto e da chi, senza più un tetto, ha deciso di occupare le case lì rimaste vuote. Un giro di messaggi e un po’ di compagni si radunano lì davanti per capire i motivi di questa nuova irruzione a una manciata di settimane appena dall’ultima operazione repressiva per cui sono stati arrestati Antonio, Giada, Fran, Camille, Fabiola e Antonio.

La camionetta è solo una e la compagna dalla finestra fa sapere che si tratta di una perquisizione.

Ma per cosa?

Quando gli agenti della Digos finiscono il loro voyeuristico lavoro e si allontanano col seguito di celerini, si possono vedere i fogli dell’ordinanza a firma – manco a dirlo – dell’operoso Pm Antonio Rinaudo. Avessimo voluto scommettere, sarebbe stato gioco facile, è quasi sempre un fifty-fifty tra lui e il compare Padalino.

Robe usuali, poche nuove, verrebbe da pensare.

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Daspo urbano

29 maggio. Due ragazzi ventenni di origine egiziana rischiano di essere colpiti dal Daspo urbano, il provvedimento, contenuto nel cosiddetto decreto Minniti, che consente di interdire l’accesso a determinate zone della città a chi vi commette reati. Il quartiere da cui potrebbero essere banditi è quello di San Salvario in cui avrebbero strappato una collanina d’oro dal collo di un passante.

Cari cittadini

Sulle bacheche di alcuni quartieri di Torino è comparso un manifesto in cui il sindaco, Chiara Appendino, si rivolge ai suoi cittadini per chiarire il proprio ruolo e quale rapporto intende instaurare con gli uomini e le donne che vivono in questa città…

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Stanche di guardare

 

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Riportiamo alcune righe scritte da Camille, Giada e Fabiola quando ancora stavano all’interno della patria galera, prima che venissero trasferite agli arresti domiciliari con il divieto di comunicazione con l’esterno. In quei giorni all’interno delle Vallette hanno potuto passare la socialità insieme e mettere un po’ di pensieri sulla carta fino a che un giorno hanno risposto a un saluto rumoroso di compagni fuori e hanno speso qualche parola colorita contro la secondina celermente arrivata a redarguirle. Per questo sono state denunciate per oltraggio a pubblico ufficiale e hanno sospeso loro le due ore di socialità quotidiana, quelle in cui in sezione si può stare in cella in compagnia fino a un massimo di quattro detenute.

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Nulla di nuovo sotto il sole

 

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Davanti al rinominato Cpr si sono ritrovati questo pomeriggio una cinquantina di nemici delle espulsioni, ostinati come sempre a tener compagnia per qualche ora ai reclusi dentro, vicini a loro nell’odio per quelle mura detentive.

Interventi al microfono hanno inneggiato alla libertà, cori si sono alzati contro tutte le prigioni, rulli di tamburi e qualche canzone hanno risuonato nell’aria primaverile del mesto parchetto che costeggia il Centro. Ogni tanto, a rompere quest’alternanza, un boato forte di qualche petardo.

I detenuti hanno sentito bene questo calore, tant’è che un ragazzo ha provato a rispondere alle urla solidali e a buttare a terra i pochi suppellettili della camera come protesta contro la reclusione. In una manciata di minuti sono entrati dieci agenti antisommossa e manganello alla mano l’hanno portato nell’isolamento dove gli hanno rotto la testa di botte. All’infermieria interna gli hanno messo un po’ di nastro adesivo con della garza e l’hanno lasciato dolorante con un benestare. Invece qualche solidale fuori, in contatto con lui telefonicamente, ha provato a chiamare un’ambulanza affinché potesse raggiungerlo per migliori cure. Peccato che il reticente operatore telefonico del 118 abbia intavolato scuse di procedura: a suo dire un’ambulanza non può soccorrere qualcuno dentro al Cpr senza l’autorizzazione della questura. Vero o no, poco importa, speriamo solo che mai qualcuno dentro a quell’infausta prigione abbia bisogno di cure veloci, perché di celeri ci sono solo le botte della polizia. Come dimenticare del resto che nel maggio 2008, nell’allora Cpt, Hassan fu lasciato morire sul suo letto con la schiuma alla bocca?

Poco dopo che si è saputo del primo pestaggio, è arrivata la notizia di un secondo ragazzo che è stato portato via dalla polizia con la stessa brutalità e di lui ancora non si sa nulla.

Dopo due ore di presidio fuori dalle mura i solidali, andandosene, hanno deciso di prendere la strada, bloccando il traffico per sostenere in maniera più forte i reclusi portati via e picchiati dalla polizia.

In serata un saluto rumoroso e rapido con botti e fuochi d’artificio ha rotto il silenzio di Corso Brunelleschi, raggiungendo le orecchie dei reclusi.

Passano gli anni, cambiano i governi, le leggi si sommano alle leggi, ma non cambia nulla sotto il sole se non quando i reclusi si organizzano per distruggere la struttura che li imprigiona. Ad oggi la capienza del Cpr sabaudo è, ahinoi, di circa centoventi posti, ma alcuni ragazzi dormono persino in mensa per la mancanza di spazio. Tutte le aree sono funzionanti, tranne la rossa che è in ristrutturazione e alcune camere di quella bianca che, come si può vedere nella foto di sopra, ha ancora i segni delle fiamme delle ultime rivolte.

Mezzi dentro, mezze fuori

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È arrivata la comunicazione da parte dei giudici del Tribunale del Riesame che hanno deciso le sorti cautelari di Giada, Antonio, Fran, Fabiola, Antonio e Camille. Per ora, senza alcuna motivazione, le stringate parole del presidente Loretta Bianco e dei suoi colleghi dispongono per Antonio, Fran e Antonio il mantenimento della custodia in carcere e per Giada, Fabiola e Camille gli arresti domiciliari con il divieto di comunicazione con l’esterno. Le compagne usciranno dunque dalle Vallette, ma non potranno ricevere visite, lettere, telefonate da amici e compagni, a meno che non siano residenti nella medesima abitazione. Per quanto riguarda i reati, cade l’accusa di sequestro di persona, permane la resistenza aggravata.

L’invito è quello di continuare a scrivere ai compagni che rimangono rinchiusi, rendendo palpapile la solidarietà.

Antonio Pittalis

Antonio Rizzo

Francisco Esteban Tosina

c/o casa circondariale Lorusso e Cutugno

via Maria Adelaide Aglietta 35

10151 Torino

Sul prelievo coatto del Dna

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Da oramai più di un anno il prelievo del Dna è entrato a far parte delle procedure di rito nell’identificazione delle persone arrestate o fermate, non fanno eccezione i compagni colpiti dalle ultime inchieste. Resistere al prelievo lo trasforma in una manovra coatta, averla vinta contro i tutori dell’ordine e del controllo nelle stanze della scientifica è più che difficile . Qui di seguito l’esperienza di un compagno arrestato il 3 maggio, tutt’ora detenuto alle Vallette, che continua a domandarsi quali potrebbero essere le possibilità per opporsi.

«Scrivo qualche riga per raccontare quanto è avvenuto durante il nostro arresto di qualche giorno fa, relativamente alla permanenza nel questura di via Grattoni, a Torino. E al procedimento identificativo.

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