Audizioni immediate

24 maggio. Il ragazzo nigeriano incarcerato per aver aggredito un poliziotto durante un controllo, staccandogli la falange, verrà presto espulso. Pare essere l’esito della Commissione territoriale che doveva valutare la sua richiesta di protezione internazionale e che a seguito dell’arresto avrebbe disposto un procedimento immediato di audizione, in carcere. Ovviamente rigettando la richiesta di asilo. Sarà disposto l’allontanamento immediato, previsto dal decreto Salvini in caso di reati contro l’ordine e la sicurezza pubblica, senza nemmeno aspettare l’esito del procedimento penale per i fatti specifici di cui è accusato.

Inseguendo la chimera

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NOTE A PARTIRE DALL’OPERAZIONE SCINTILLA

Dopo mesi concitati, nel tentativo di dare una degna risposta allo sgombero dell’Asilo e all’arresto di sei compagni e compagne, nel tentativo di mantenere viva la voglia di lottare in questa città, ci prendiamo ora il tempo di fare alcuni ragionamenti su questo teorema inquisitorio partorito dalla Questura, fatto proprio dalla Procura e avvallato da una GIP. Un teorema che per il momento non ha retto il primo impatto con il Tribunale del Riesame, dopo tre mesi sono infatti usciti dal carcere cinque compagni, ma che costringe ancora Silvia tra quelle mura e in condizioni di detenzione particolarmente afflittive.

A indagini ancora aperte vale la pena spendere sopra queste carte qualche parola, tra le altre cose perché contiene alcune indicazioni che sono il segno dei tempi su come costringere certi anarchici al silenzio, seppur non del tutto nuove. Già quindici anni fa infatti si poteva leggere in un libretto, dal titolo ‘L’anarchismo al bando’, di come le strategie repressive mirassero a “togliere agli anarchici ogni possibilità di agire in gruppi di più persone articolando anche alla luce del sole il loro intervento, proprio in quanto finalizzato all’insurrezione generalizzata”.

Questo lavoro di analisi uscirà a puntate, una alla settimana, che si concentreranno su alcune specificità dell’operazione Scintilla e della lotta contro i Centri di detenzione per immigrati. A scriverle sono alcuni compagni, alcuni imputati e indagati in quest’inchiesta, altri no, che nel corso degli anni si sono battuti contro la detenzione amministrativa.  

p { margin-bottom: 0.25cm; direction: ltr; color: rgb(0, 0, 0); line-height: 120%; }p.western { font-family: “Liberation Serif”, “Times New Roman”, serif; font-size: 12pt; }p.cjk { font-family: “WenQuanYi Micro Hei”; font-size: 12pt; }p.ctl { font-family: “Lohit Devanagari”; font-size: 12pt; }Attorno a un perché

Oggetto dell’operazione Scintilla è stata la lotta contro i Centri di detenzione per immigrati senza-documenti. Una lotta che in diverse città, e in special modo a Torino, dura da ormai più di 15 anni, quando gli attuali Cpr si chiamavano ancora Centri di Permanenza Temporanea.

Acronimi cambiati più volte nel corso del tempo, senza alterare la sostanza di questi Centri, la funzione che sono chiamati a svolgere e le ragioni che hanno spinto alcuni compagni a battersi, nel corso degli anni, per la loro distruzione. Ragioni di carattere etico, innanzitutto. A spingerci a lottare è stata certamente l’indisponibilità ad accettare l’esistenza stessa della detenzione amministrativa. L’urgenza di mantenere viva questa tensione la leggiamo tra le righe delle pagine di giornale, nelle parole che fanno eco alle politiche intransigenti del ministro Salvini in materia di sbarchi. Queste non solo ci mostrano quanto massiccia sia la violenza perpetuata dallo Stato, ma guardando anche all’ultimo caso Sea Watch 3 la chiusura dei porti permette di presentare come un gesto di grande umanità la decisione di qualche magistrato di far approdare i profughi nel centro di Lampedusa. Un posto verso il quale, fino a qualche anno fa, persino una certa sinistra si sarebbe domandata se le condizioni di vita nell’hotspot non comportassero una lesione dei cosiddetti “diritti umani”.

La tensione etica che ci portiamo dentro è particolarmente preziosa, specie in tempi come questi costellati di tragedie che molte volte sembrano scivolarci addosso senza suscitare in noi chissà quale sussulto. Le stragi nel Mediterraneo ad esempio si susseguono ormai con un’agghiacciante regolarità e a volte si ha la sensazione che ci si stia quasi abituando, che stanno entrando a far parte della nostra normalità. E se la violenza e gli orrori prodotti dal capitalismo sono destinati a crescere e a farsi sempre più vicini, costellando la quotidianità delle città in cui viviamo, prendersi cura di questo sentimento etico e trattarlo come uno dei beni a noi più cari è di particolare importanza. Una cura fatta di attenzione emotiva, riflessioni e soprattutto di azioni, volte a contrastare l’abbassamento, e la futura potenziale scomparsa, dell’asticella di ciò che siamo disposti a ritenere inaccettabile.

Nell’esprimere la nostra solidarietà ai reclusi, nello sforzo continuo di sostenere da fuori la loro lotta affinché di questi Centri non rimangano che macerie, siamo consapevoli che queste macerie non rappresentano soltanto la libertà per i tanti uomini e donne che vi sono rinchiusi, ma sono un pezzo importante della nostra possibilità di lottare.

Questi Centri sono infatti un tassello fondamentale nella gestione dei flussi migratori, uno dei problemi in cima all’agenda dei governanti di ogni dove. La loro funzione è da un lato di rinchiudere e permettere l’espulsione di un buon numero di immigrati irregolari, togliendo dalle strade una parte di quell’eccedenza umana che è di troppo rispetto alle esigenze capitaliste; dall’altro i Centri fungono da deterrente per chi resta fuori, instillando la paura e favorendo così l’imposizione di condizioni di vita e salariali sempre più al ribasso ai tanti cui manca o potrebbe mancare un documento valido in tasca. Una dinamica che, a cascata, è destinata poi a peggiorare le vite di molti altri, italiani compresi, naturalmente.
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Se non stacchi il tablet, noi non ce ne andiamo!

23 maggio. Mentre il colosso del food delivery Glovo si accorge di non aver prodotto i vari CUD dei propri “collaboratori”, impedendogli di fatto di compilare la dichiarazione dei redditi, i fattorini continuano la loro lotta affrontando problemi ben più corposi. Nella giornata di oggi infatti una sessantina di lavoratori delle più svariate nazionalità hanno attraversato le vie di Torino recandosi davanti ai ristoranti più tristemente famosi per la loro cafonaggine nei confronti dei lavoratori e per il loro servilismo nei confronti di Glovo. L’invito ai ristoratori con la propria presenza molesta fatta di cori e strombazzate di clacson, presenti infatti anche alcuni fattorini motorizzati, era quello di staccare i tablet così da non ricevere più ordini. A volte si è riusciti nell’intento altre volte no, comunque col morale alto e determinato. Presenza massiccia e costante, come di consueto oramai da diversi mesi, delle forze dell’ordine, che con una decina di moto, alcune macchine e tre camionette hanno seguito, non senza difficoltà, il serpentone giallo per le vie del centro.

Incendio al carcere, Boba arrestato

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Nella notte di ieri sera, mercoledì 22 maggio, dopo le ore 23:00 la polizia ha bussato alla porta di Boba, Mitzi e Victor con il pretesto di notificare un avviso orale alla compagna. Una volta dentro però, oltre alle carte per lei hanno sfilato dalle borse anche un mandato di arresto per Boba. 

L’episodio sotto inchiesta risale alle prime iniziative messe in campo dopo l’operazione Scintilla, in particolare al saluto nel pratone delle Vallette avvenuto al termine della manifestazione antifascista contro la commemorazione annuale delle foibe. In quell’occasione aveva preso fuoco la pasticceria del carcere. L’accusa è di incendio (art.423), la cui pena prevista va da tre a sette anni, con l’aggravante (art.425) di aver commesso il fatto su “edifici pubblici […], destinati a uso di abitazione […], su ammassi di materiale combustibile o esplodente”. Inoltre gli viene contestato il reato di accensioni pericolose (art.703) per aver usato, secondo l’accusa, un razzo nautico, che tuttavia prevede un pena pecuniaria o l’arresto fino a massimo un anno.

Durante l’operazione la polizia ha effettuato una perquisizione sequestrando tutti i computer presenti in casa. Per assicurarsi di non avere ficcanaso tra i piedi ha richiesto l’intervento di tre volanti che hanno tenuto lontani i primi amici accorsi sul posto. 

In attesa di aggiornamenti per chi volesse scrivergli indirizzate lettere e telegrammi a :

Marco Bolognino – C/o C.c. Lo Russo e Cutugno – via M.A.Aglietta 35 – 10151 Torino 

Vecchie merde rinsecchite

21 maggio. L’appuntamento per il comizio preelettorale di Forza Nuova si è trattato di un eclatante flop. I militanti neofascisti sono rimasti chiusi nella loro sede. Un dispositivo poliziesco notevole ha di nuovo assediato l’isolato di Aurora dove si trova l’ex Asilo occupato, altre camionette di celere e contingenti di poliziotti in borghese hanno seguito l’itinerario percorso dai numerosi antifascisti alla ricerca dei comizianti. Il corteo ha attraversato Aurora in lungo e in largo lanciando cori e lasciando qualche messaggio sui muri. Tutto bene, nonostante qualche bandiera meschina in mostra e alla ricerca di pubblicità prima del weekend.

Una falange in meno

21 maggio. Un ragazzo nigeriano fermato a Mirafiori con della droga in tasca, una volta in questura, non vuole essere fotosegnalato. Ne nasce una colluttazione con gli agenti, termina con una falange in meno per uno dei poliziotti coinvolti. Il ferito finisce in ospedale, il ragazzo in carcere. Salvini si riempie la bocca: “Nessuna tolleranza per i delinquenti, sono felice che il Decreto sicurezza funzioni. Ora è urgente intervenire col Decreto Sicurezza Bis per garantire più poteri e protezioni alle Forze dell’Ordine e contrastare gli scafisti”.

Il bazar cinese di Genova

21 maggio. Natascia, Robert e Giuseppe vengono arrestati all’alba dai carabinieri dei Ros su ordine della procura meneghina. Gli inquirenti appioppano loro la responsabilità di aver spedito durante il 2017 dei plichi esplosivi ai pm torinesi Rinaudo e Sparagna e all’allora direttore del Dap Consolo. L’accusa è di “attentato con finalità di terrorismo”. La svolta nelle indagini è stata portata dal riscontro di una scritta “40centesimi” a matita sulle buste, gli investigatori hanno individuato che l’unico negozio di Genova che le vendeva era un bazar cinese dove due degli arrestati sono stati visti entrare.

Ai turisti puzza il culo

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Ormai oltre l’ora dell’aperitivo, un gruppetto di persone ha fatto una veloce capatina al già decadente Mercato Centrale di Torino. Sicuramente non per degustare un formaggio di Occelli, né per vedere se i sigilli messi dall’Asl alla macelleria di carni piemontesi fossero ancora lì, e nemmeno per sondare gli umori dei lavoratori che si sono visti dimezzare i turni dato che l’affluenza dei visitatori-consumatori sta diventando sempre più scarsa. Ma per lasciare uno striscione volante, per ricordare che cos’è la riqualificazione, per lanciare una pioggia di volantini che paragonavano i prezzi del cibo dentro quel polo gastronomico alla paga di chi carica e scarica cassette all’ortofrutta. Un modo per rammentare gli interessi neocoloniali tramati da progetti come Eatnico, un modo per rammentare, come è ovvio, che ai turisti puzza il culo.

Mentre gli avventori cercavano di afferrare un volantino, i lavoratori tentavano di raccoglierli prima che venissero presi dai curiosi. Intanto qualcuno si defilava dalla porta d’emergenza, per essere rincorso da un cuoco e un tuttofare in divisa del Mercato Centrale. Le due auto-proclamate guardie lanciavano imprechi assieme a bottigliette piene d’acqua, salvo poi rivelare, dopo un paio di vie, che non avevano nemmeno chiaro il motivo dell’inseguimento. A loro era stato semplicemente ordinato.

Presidio Contro FORZA NUOVA

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Mentre Forza Nuova è a caccia di voti nelle periferie parlando di mafia nigeriana e il popolo democratico agita la bandiera dell’ antifascismo sconcertandosi per presenze scomode al grande salone (del business) del libro, in tanti continuano a resistere e sopravvivere nei quartieri della riqualificazione. Forza Nuova ha indetto un presidio vicino a via Alessandria 12 per “liberare definitivamente Aurora, per restituirla definitivamente agli italiani”. Un programma insomma in piena regola rispetto alla loro storia, un misto tra imbecillità megalomane e il solito ruolo di lacchè del capitale spacciato per eroico: secondo loro arrivare a dare l’ultimo colpo di scopa nella pulizia che i padroni hanno iniziato a fare nei quartieri interessati dai loro investimenti. I fascisti non mancano in questo certo di una certa coerenza, la loro propaganda, in maniera complementare ai discorsi di Comune e imprenditori, alimenta la guerra tra poveri in una logica razzista. I cortei contro il degrado promossi da queste realtà non sono che uno specchietto per le allodole che distoglie lo sguardo dai reali fautori del malessere e dello sfruttamento, dalla guerra padronale. In continuità con la loro storia, i neofascisti non sono che avvoltoi che cercano di agire dove le politiche capitalistiche fanno i loro scempi.
Di certo non permetteremo che partano dall’ex Asilo occupato.
Presidio contro FORZA NUOVA, martedì 18.30 corso Brescia angolo via Alessandria, davanti l’ex Asilo Occupato.

Gli unici stranieri sbirri e fasci nei quartieri.