Dal divieto alla patria galera

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Di nuovo una sveglia di soprassalto, ancora la polizia.

Gli agenti della Digos hanno stamane prelevato dalle rispettive abitazioni quasi tutti coloro che da giorni stavano violando il divieto di dimora a Torino per condurli alla questura di via Grattoni, notificare loro l’aggravamento di misura cautelare e prelevare il Dna. Due compagni, invece, non sono stati trovati.

Lo sapevamo già che il Gip Loretta Bianco che di peli sulla lingua pare averne parecchi vista la scarsa argomentazione cartacea nelle ordinanze, ne ha meno sulla firma: per Chiara, Jack, Larry, Damiano, Gabrio e Manuela il carcere; per Francesca e Giulia gli arresti domiciliari. Non è ben chiaro quale sia la discriminante tra i due trattamenti perché, come si diceva sopra, nero su bianco c’è scritto solo che qualcuno risulta aver fatto più violazioni di altri, ovvero più giorni di presenza a Torino. Insomma da come la mette la signora Bianco parrebbe quasi un provvedimento che va a quantità.

Aspettiamo di avere qualche notizia in più, soprattutto sul fatto che il carcere di destinazione sia come è sembrato di capire quello torinese o se i compagni saranno smistati in più patrie galere.

Intanto l’appuntamento rimane quello per l’udienza di Riesame di giovedì 15, con un presidio davanti al tribunale per le 9:30.

Tazzine sporche

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12 dicembre. Nella notte anonimi hanno preso di mira la Lavazza S.p.A. in tre punti della città metropolitana. Gli uffici direzionali di corso Novara, il Coffee Corner di via San Tommaso e l’Innovation Center di strada Settimo sono stati ricoperti di vernice.

Tentata fuga

10 dicembre. Ieri sera nove persone hanno tentato la fuga dal Cie di Corso Brunelleschi tagliando la recizione della sezione e provando a scavalcare il muro che dà verso l’esterno.  La polizia è riuscita ad agguantarli per poi rinchiuderli in isolamento.

Un saluto al femminile

10 dicembre. In serata un nutrito gruppo di persone si è avvicinato all’ingresso del carcere delle Vallette per portare un saluto a Silvia e alle altre detenute del blocco femminile. Cori, lo scoppio di petardi e fuochi d’artificio, una battitura contro le sbarre esterne hanno tentato di sorpassare le mura e raggiungere le orecchie delle recluse.

Acido desossiribonucleico

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Il prossimo appuntamento tribunalizio cade nella giornata di giovedì 15, quando tutti i tredici compagni coinvolti nell’ultima inchiesta saranno chiamati a presenziare davanti al Tribunale del Riesame. In quella sede i giudici non solo si esprimeranno in merito alla validità delle misure cautelari dei quattro compagni agli arresti, ma potrebbero anche prendere posizione rispetto alle violazioni portate avanti dai compagni sottoposti al divieto di dimora. Per quel giorno è previsto un presidio per sostenerli e cercare di rompere un po’ il via vai di porta scartoffie del palagiustizia. A breve sarà comunicata l’ora esatta d’inizio.

Intanto oltre i cori che echeggiano in un corteo e i fuochi che brillano ai margini del carcere per Silvia ed Antonio, volgiamo l’attenzione su un dettaglio di quest’ultima vicenda repressiva tutt’altro che trascurabile, che delinea come la norma cambia e prenda forma nella vita di tutti i giorni, sulla pelle delle persone, palesando la propria brutalità.

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Dalle strade…

 

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“Dalle strade, dalle case, dalle lotte non ci caccerete mai!”, questa la scritta sullo striscione in testa al corteo che ha attraversato ieri corso Giulio Cesare.

Poco prima centoventi tra compagni e compagne, complici e solidali, si son trovati al calar della sera ai Giardini di via Montanaro, in piena Barriera di Milano; poco più in là, il palazzo del picchetto per il quale sono stati incriminati Silvia, Daniele, Stefano, Antonio e gli altri nove banditi. In largo anticipo erano già all’appuntamento – indesiderati, per dirla con un eufemismo – celerini e agenti della Digos in schiere rinforzate, scherniti immediatamente dai manifestanti con cori e slogan al vetriolo. Una dimostrazione di ostilità e della volontà di non lasciarsi intimidire nella propria presenza in strada neppure da cotanto schieramento blu. Neppure la routine dei giardinetti urbani, ricavati tra il corso trafficato e i palazzi popolari, è rimasta intimidita: i vecchietti del quartiere come ogni giorno erano alle panchine e qualche signora ballava persino al ritmo della musica in uscita dalle casse, qualcuno piuttosto interessato chiedeva le ragioni del raduno, qualcun altro, con esperienza di problemi con la casa o con la polizia, sapeva bene il perché.

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Scovandolo in mezzo alla città

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Ieri pomeriggio, in via Boggio, la tranquilla lezione del professore del Politecnico nonché vicesindaco Guido Montanari è stata interrotta da una quarantina di persone che hanno fatto irruzione nell’aula al grido di “BASTA SFRATTI, BASTA SGOMBERI”. Persone minacciate dallo sfratto, occupanti di case e solidali, tra cui alcuni compagni che stanno violando il divieto di dimora, hanno ribadito al vicesindaco la propria determinazione a lottare, la voglia di resistere e non farsi cacciare dai palazzi e dalle strade di Aurora e Barriera di Milano, la loro vicinanza ai quattro compagni arrestati per un picchetto.

Ma perché proprio il signor Montanari? I motivi a quanto pare sono molteplici.

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Fuori un altro

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I compagni arrestati vengono messi ai domiciliari alla spicciolata. Dopo la scarcerazione di Daniele, ieri sera è uscito Stefano dalle Vallette. Silvia e Antonio però sono bloccati in cella poiché il giudice continua a chiedere carte e dichiarazioni in aggiunta ai documenti inoltrati rispetto alle case dove dovrebbero fare i domiliari. Richiedere la copia del contratto d’affitto o l’atto di proprietà è la prassi comune all’interno della macchina giudiziaria, ma non è il caso dell’ultima richiesta arrivata ieri pomeriggio agli uffici degli avvocati, a ridosso di un giorno di festa e un week-end lungo. Ciò che la signora Loretta Bianco esige per poter valutare se le case e le persone che hanno deciso di ospitare i compagni sono idonei è lo stato di famiglia e il certificato di residenza. Rispondere a questa richiesta significa dover aspettare almeno l’inizio della settimana prossima per sapere se Silvia e Antonio potranno uscire oppure rimarrano rinchiusi in carcere. Questi temporeggiamenti faziosi fanno ribollire il sangue, pensare che questo ponte dell’Immacolata possa essere una piacevole vacanza per il giudice Bianco fa tendere i nervi ancora un pelo in più.

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Una sfida continuamente tentata

 

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L’operazione della settimana scorsa aveva ancora una volta l’obiettivo dell’allontanamento di compagni e compagne dalle lotte in un contesto urbano specifico, investito dagli effetti delle nuove politiche di riqualificazione. Una violenza specifica che va a inserirsi in un processo generale di guerra di classe dall’alto mossa da pubblici amministratori, manager dalla faccia più o meno liberal, burocrati e tecnici della repressione. Una guerra, questa, che in  maniera sempre più sottile quanto massiccia colpisce chi è l’ultimo anello nella catena di produzione, chi è poco profittevole o chi continua ostinatamente a organizzarsi per una controffensiva.

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