Se la misura è colma

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Il Tribunale di Torino non ha esaurito le cartucce, anzi a ritmo serrato le richieste dei Pm trovano giudici pronti a sottoscriverle. Così sull’inizio dell’estate cadono altre misure cautelari a pioggia contro chi partecipa, in una maniera o in un’altra, all’opporsi mettendosi in mezzo a progetti che stravolgono i luoghi e la vita di chi ci abita, a meccanismi di sfruttamento ed esclusione. Dopo i dodici divieti di dimora comminati contro chi ha portato un po’ di letame alla ditta che distribuisce il cibo ai reclusi del Cie di corso Brunelleschi, sono diciannove le misure di diversa natura affibbiate dal giudice delle indagini preliminari di Torino lo scorso 21 giugno a chi ha partecipato a una giornata di lotta esattamente l’anno scorso attorno al cantiere di Chiomonte, lungo i sentieri e le strade della Val Clarea.

Tra le persone coinvolte in questa stretta repressiva c’è gente che in Valle ci vive da sempre, chi ha deciso di passarci attratto dal conflitto, c’è chi ha fatto delle lotte parte principale della propria vita, chi attraverso l’esperienza nell’opposizione alla costruzione dell’Alta Velocità ha cambiato i tempi, le priorità, la socialità nella propria esistenza. Senza alcuna differenza le misure hanno raggiunto chi in maniera ostinata continua a esserci nonostante le difficoltà che la lotta sta passando.

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A gambe levate

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Negli ultimi giorni sono arrivate da dentro le mura del Cie di corso Brunelleschi due notizie che affiancate l’una all’altra palesano le contraddizione che animano questo mai pacificato Centro di reclusione. La prima riguarda sette figuri che accompagnati dall’ispettore, questo giovedì, hanno gironzolato tra i corridoi del Cie per controllare che le condizioni di reclusione rispettino gli standard che la democrazia impone. Ai reclusi hanno detto di essere del Movimento Cinque Stelle e, anche se la notizia non è confermata da nessun giornale, non ci par strano da credere dato che non è la prima volta, e non sarà certo l’ultima, che anime belle e indignate varchino quel cancello e, accompagnati da chi quel luogo lo gestisce, si facciano raccontare di come vada tutto bene.

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La conta

24 giugno. Da luglio i banchetti piazzati nella parte di balòn gestita dall’Associazione commercianti saranno numerati e i venditori saranno obbligati ad esporre la merce su plance sopraelevate. Gelato, presidente dell’associazione, spiega “Per chi non può acquistare le plance le metteremo a disposizione noi. Fino a oggi c’è stata la completa anarchia. Gli abiti e l’oggettistica non possono essere abbandonati a terra. Non è sicuro, è brutto a vedersi ed è disordinato”. Lo staff che girerà tra le bancarelle sarà raddoppiato e saranno presenti le forze dell’ordine per il controllo della provenienza della merce.

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Nel primo caldo

 

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All’interno delle mura del Cie di corso Brunelleschi l’afa di questi giorni è ancora più insopportabile. I racconti insofferenti della brutalità della polizia e quelli più sollevati di piccole proteste raggiungono il fuori in maniera frammentaria. Si riceve la notizia da parte di Montassar che, dopo quarantotto giorni di sciopero della fame e circa dieci della sete, ha ricominciato a mangiare e bere, preoccupato dal dolore costante ai reni e dalla necessità di ricorrere inevitabilmente ad una dialisi se il digiuno totale fosse continuato. Per punizione al fatto che ha scelto di opporsi all’espulsione non mangiando gli è stata vietata l’uscita nel campo dove s’incontrano i reclusi delle differenti sezioni. A furia di litigare con i poliziotti, ieri sera, è riuscito a ottenere il permesso di recarsi in questo campo.

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Sfratto e bombole

21 giugno. In via Chiusella un padre di famiglia ha deciso di opporsi allo sfratto, bombole del gas alla mano, minacciando di farsi esplodere. Dopo l’arrivo dei vigili del fuoco, l’evaquazione del palazzo, il tentativo dei carabinieri e le insistenze della moglie per convincerlo a desistere, l’uomo ha deciso di abbandonare l’alloggio. Ora si trova ricoverato all’ospedale Giovanni Bosco.

Il container e l’orologio

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Partendo dalla lotta dei lavoratori in Francia contro la Loi Travail, i blocchi alle raffinerie e alle discariche e gli scioperi dei trasporti pubblici, una riflessione sulla logistica e sul ruolo chiave che ha assunto in questi anni. Dalla fine del dopoguerra a ora, un excursus che mostra come la logistica da semplice industria del trasporto di cose sia diventata la logica fondante del capitalismo contemporaneo. Capirne i funzionamenti, riconoscerne le infrastrutture e lo spazio che occupano a livello locale e mondiale è allora fondamentale per comprendere le trasformazioni in corso dell’economia globale.

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Qualche parola in più

 

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A qualche giorno dall’annullamento dei divieti di dimora ci par necessario dire qualcosa in più delle poche entusiaste righe scritte per darne la lieta notizia.

E partiamo proprio da un convinzione che ci muove da sempre, quello che la lotta paghi.

Paga semplicemente perché lottare contro lo sfruttamento e l’oppressione connaturati al capitalismo ci sembra non solo l’unica cosa giusta da fare ma anche l’unico modo sensato di vivere. Facciamo fatica a immaginare una vita degna di essere vissuta in cui non ragionare, sognare e provare concretamente a creare problemi sempre più grossi a padroni e governanti. E sono proprio la bontà e la validità dei percorsi di lotta che portiamo avanti i criteri attraverso cui cerchiamo di orientare il nostro agire. In tutto questo la repressione, intesa come attività di giudici, Pm e poliziotti nel contrastare le lotte, ha certamente un peso. Si tratta infatti di un elemento che al pari di tanti altri contribuisce a determinare l’andamento dei nostri percorsi.

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Piccole brecce

19 giugno. Nel tardo pomeriggio una sessantina di nemici delle galere si sono trovati sotto alle mura del carcere torinese per un presidio di solidarietà con i detenuti. Due ore di musica, cori, saluti e fuochi artificiali per fare breccia nella cinta di cemento armato.

Sabato pomeriggio

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18 giugno. Circa trecento persone hanno risposto all’appello contro le misure repressive del Tribunale torinese e si sono trovate in Piazza Castello per partire in un corteo rumoroso.  Striscioni e slogan contro i divieti di dimora, la sorveglianza speciale e in generale le misure preventive hanno interrotto il tedio del sabato e palesato la voglia di iniziare a puntare i piedi rispetto alle carte che dall’oggi al domani sono in grado di sconvolgere la vita di tanti e tante.

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Per i prossimi giorni

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In queste poche ore dalla notizia dell’annullamento dei divieti di dimora ai 12 banditi da Torino, ci è capitato di sentirci chiedere da più parti se le iniziative della mobilitazione contro i divieti di dimora ed in particolare il corteo del 18 giugno ci sarebbero stati comunque. Abbiamo subito scritto a caldo che tutte le iniziative in programma si sarebbero svolte normalmente, ma forse vale la pena ripeterlo e spiegarne in maniera un po’ più approfondita i motivi.

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