
Il Tribunale del Riesame ha annullato il divieto di dimora per i dodici banditi accusati di essere andati presso la sede della ormai arcinota Ladisa a restituire un po’ del marciume che quotidianamente forniva ai reclusi del Cie di corso Brunelleschi.
E dopo la decisione dei dodici compagni di non accettare l’ennesima misura repressiva e di violarla quindi pubblicamente, dopo le molte iniziative inserite nella settimana di mobilitazione che hanno portato banditi, amici e solidali in strada, sotto le mura del Cie e del Tribunale nel giorno del Riesame, oggi arriva questa notizia.
Le iniziative previste nei prossimi giorni restano comunque in calendario e ci pare importante partecipare per tutti coloro ancora costretti sotto misure, per i quattro compagni in sorveglianza speciale da gennaio e per gli altri quattro per cui nei giorni scorsi c’è stata l’udienza d’appello richiesta dai pm.
Per ora però ci concediamo il pensiero che la lotta paga!

Un presidio rumoroso da stamattina alle 9 si è trovato davanti al tribunale torinese in occasione dell’udienza di Riesame per i dodici compagni colpiti da divieto di dimora.
Una settantina tra compagni e solidali hanno intonato cori contro queste ennesime misure e per accompagnare l’ingresso al Bruno Caccia di alcuni banditi che hanno deciso di presenziare alla prima parte dell’udienza: giusto il tempo per la lettura di un comunicato scritto tutti insieme per poi uscire subito da quel luogo infausto e tornare al presidio tra gli amici.
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“Staremo ovunque ci andrà di stare”. Questo affermavano decisi alcuni giorni fa i compagni banditi da Torino annunciando la loro decisione di non accettare i divieti di dimora e restare quindi in città. Così questa mattina di punto in bianco banditi e solidali hanno deciso di rinviare l’iniziativa in programma contro i divieti di dimora e andare velocemente in Falchera dove erano in corso degli sgomberi di appartamenti Atc.
Si arriva a Falchera che il primo sgombero è stato ormai effettuato e alla famiglia buttata fuori di casa è stato concesso – manco a dirlo – un tugurio temporaneo. Anche nel secondo appartamento, abitato da una famiglia rom, la situazione non appare molto favorevole. Le forze dell’ordine hanno infatti ormai guadagnato una buona posizione: sotto il portone d’accesso a piano terra stazionano una ventina di agenti della Polizia Locale con manganello di legno ben in vista e a qualche metro di distanza sono poi schierati i loro colleghi della celere per tener lontani i solidali. La donna e le sue figlie affacciate per tutto il tempo al balcone sembrano comunque ben determinate a non andarsene e a non accettare le soluzioni alternative proposte dagli uomini dell’Atc. I solidali dal canto loro discutono sul da farsi e urlano di tanto in tanto slogan contro polizia e Atc e inviti alla donna di non arrendersi.
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11 giugno. Appare per le vie di Borgo Dora un murales in solidarietà a chi ha violato il divieto di entrare in città, ma anche contro gli sfratti. Infatti i muri che ospitano il disegno sono quelli di una palazzina dove gli inquilini che vi abitano sono tutti quanti minacciati dallo sfratto.

Un sabato come tanti: le chincanglierie, la merce più differente stesa su banchetti o teli al suolo, ingorghi nelle vie strette e acciottolate, nuguli di gente in strada. Poco più in là la piazza con l’odore di frutta e verdura scaldata dal sole, il frastuono delle urla degli ambulanti, il sudore sulle fronti aggrottate dalla fatica di chi carica e scarica la merce. Un ritaglio di città densamente vissuto quello di Porta Palazzo. Ancora carico di tensioni, al contrario di come se la immaginano coloro che hanno progettato o partecipano al processo di riqualificazione del quartiere.
È sotto la casa occupata tra via Lanino e canale Molassi che ci si incontra con i compagni ritornati in città da pochi giorni a dispetto del divieto affibiatogli dal Gip Pasquariello.
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11 giugno. Alzando il naso in aria, lungo via Cigna, all’altezza dell’Ex-Incet, si può notare uno striscione calato dalla gru impegnata nel cantiere sottostante. Il messaggio è chiaro : “Da qui non ce ne andiamo”.

10 giugno. “Solidali con i compagni in lotta a Torino”. Questa la scritta apparsa sulla vetrata dell’Ufficio Postale di Via Archita da Taranto, la zona commerciale del Quartiere Santa Rosa di Lecce.

10 giugno. Un presidio itinerante attraversa le vie del centro storico contro i divieti di dimora comminati a Torino e contro i tanti fogli di via notificati invece nella cittadina lombarda.
10 giugno. Il presidio contro i divieti di dimora in corso Vercelli dà voce ai banditi che dai microfoni di Radio Blackout annunciano di voler restare in città e di non accettare quindi l’allontanamento impostogli dal tribunale. Terminata la trasmissione il presidio si trasforma in un corteo cui si uniscono anche i banditi. Tutti insieme tra canti e slogan si attraversa parte del quartiere per poi sciogliersi allo Spazio 211 dove si svolge la festa di Radio Blackout.
9 giugno. Una tanica con 5 litri di benzina viene lasciata nella notte sotto un bancomat delle Poste Italiane in via Montebello. A quanto sembra la benzina non prende fuoco per un difetto nell’innesco.