Al centro del ciclone

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Oggi i compagni colpiti da divieto di dimora hanno iniziato a violare la misura. Vi proponiamo il comunicato che hanno letto dai microfoni di Radio Blackout:

È a Torino che abbiamo visto portare via uomini e donne perché non avevano un documento. A Torino abbiamo visto la polizia caricare un corteo di operai che avevano osato ribellarsi.
A Torino abbiamo visto le pattuglie dei carabinieri aiutare padroni e banche a sbattere in strada i nostri vicini di casa in ritardo con l’affitto o con il mutuo.
A Torino abbiamo visto interi quartieri trasformarsi secondo le esigenze dei ricchi sulla testa dei più poveri che li abitano.
A Torino e nelle sue valli abbiamo visto la celere bastonare le persone accampate a difesa della terra in cui vivono.

Ma a Torino abbiamo anche visto decine di persone sollevarsi per permettere a un clandestino di scappare a un controllo e centinaia di facchini tener testa a chi li voleva cacciare dai cancelli del CAAT. Qui abbiamo visto intere vie chiuse dai cassonetti per respingere un ufficiale giudiziario e decine di abusivi riprendersi la piazza sotto gli occhi impotenti della polizia. È a Venaus che le stesse persone bastonate hanno rialzato la testa e spazzato via plotoni di celere riconquistando il terreno perduto.

Se è vero che ovunque soprusi e ribellioni sono all’ordine del giorno, è a Torino che noi abbiamo deciso di coltivare un sogno comune.

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Il giorno del Riesame

 È stato fissato il giorno dell’udienza del Riesame. Il primo appuntamento con la Giustizia in cui vedremo se ai dodici compagni banditi da Torino decideranno di togliere il divieto di dimora. Come vi abbiamo già anticipato quel giorno vogliamo essere vicini ai dodici banditi.

Ci vediamo quindi martedì 14 giugno alle ore 9 davanti al Palazzo di Giustizia di corso Vittorio Emanuele II.

Sull’inizio della mobilitazione

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Torino è una città che si sta ristrutturando in fretta, che sta affinando i suoi meccanismi di controllo, messa a profitto e sfruttamento in uno spazio urbano in via di trasformazione, frammento dopo frammento, quartiere dopo quartiere. Preoccuparsi della governabilità del territorio e della popolazione è una priorità ormai dichiarata, evidente tanto nella maniera tartassante con cui misure su misure vengono comminate a chi lotta e si mette in mezzo, quanto nell’affinamento di strumenti per reprimere e impedire a livello capillare ogni comportamento non consono a questa gestione dello spazio. È in questo panorama che sta per iniziare la mobilitazione contro i dodici divieti di dimora, un tentativo sia di puntare i piedi per sparigliare le carte in tavola ed opporsi alle decisioni del Tribunale di Torino, sia di portare avanti con forza alcuni percorsi di lotta da tempo presenti in città. Alcuni compagni hanno provato a spiegare i motivi di questa scelta, le caratteristiche e gli obiettivi di questa mobilitazione.

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Sui muri di Pinerolo

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9 giugno. Sui muri di Pinerolo e dei paesi delle valli circostanti compare un manifesto che tenta di svelare quali interessi si nascondano dietro la Seconda Accoglienza ed esprime solidarietà ai 12 banditi da Torino.

Carta canta

 

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Non è certo di nostro gradimento fare l’esegesi delle carte tribunalizie, eppure è sempre necessario cercare di districare la matassa discorsiva con i suoi vari livelli di nodi attraverso cui si costruiscono le inchieste. Come già col caso della  Sorveglianza Speciale a Paolo, Fabio, Andrea e Toshi comminata il gennaio scorso, anche con questi dodici divieti di dimora tardo primaverili si ha a che fare con un impianto accusatorio che, pur stavolta nei limiti di un lavoro piuttosto raffazzonato, offre una piccola lezione di meta-diritto o di ciò che al diritto è sotteso.

Tralasciando la descrizione di come sarebbe andata la contestazione quel 24 ottobre dentro la sede della Ladisa S.p.A. con gli inerenti capi di imputazione di violenza privata per un presunto spintonamento e d’imbrattamento per due sacchi di letame,  è la seconda parte sulle esigenze cautelari e sulla scelta della specifica misura a essere sicuramente la più interessante.

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Da Roma a Torino

2 giugno. Comparsa una scritta sui muri della capitale che ci ricorda che “Da Roma a Torino lottiamo insieme contro CIE e frontiere”.

Blocco della Repubblica

2 giugno. Durante la consueta celebrazione della festa della Repubblica, in c.so Vittorio Emanuele un gruppo di persone ha bloccato il traffico con un cavo d’acciaio, ricordando con uno striscione che “le frontiere sono ovunque” ed esprimendo solidarietà nei confronti di chi, con o senza documenti, vuole muoversi liberamente o sceglie di restare, lottando.

Da Lecce a Torino

1 giugno. I muri e le vetrate di un ufficio postale della città pugliese sono stati imbrattati con della vernice, il postamat è stato messo fuori uso e a fianco sono state lasciate le scritte: “Poste complici delle deportazioni” e “Da Torino a Lecce, FUOCO AI CIE”.

Calma e gesso

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Ultimamente abbiamo dedicato molta attenzione e spazio ai divieti di dimora che hanno colpito dodici compagni. Ultimi di una serie ormai lunga di misure che ha consentito alle autorità di levarsi dalle scatole, e di togliere dalle strade, molti individui che lottano.
Ma l’azione giudiziaria contro chi lotta non è certo l’unico volto con cui si manifesta la repressione. Il continuo abbassarsi dell’asticella, che si manifesta nel sanzionare in maniera sempre più dura pratiche di lotta poco rilevanti penalmente, va di pari passo con l’avanzare dello Stato e l’indietreggiare di chi tenta di resistere nei diversi spicchi della sfera sociale.
L’avanzare della normalità statale è il terreno ideale in cui gli uomini di tribunale possono svolgere la loro attività di contrasto alle lotte senza temere di essere granché disturbati. Non è il lavoro degli inquirenti la causa prima del momento di bassa in cui si trovano le lotte, ma ci sembra piuttosto che la macchina della Giustizia abbia cominciato a macinare misure cautelari su misure cautelari proprio quando le lotte si trovavano già in una situazione d’impasse ognuna per specifici motivi.

Una piccola dimostrazione dell’avanzare della “ragion di Stato” l’abbiamo avuta ieri mattina durante uno sfratto in una via del quartiere Aurora.

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