Un’occupazione che si innesta in una storia ordinaria

 Ieri è stata occupata l’ex Scuola Salvo D’Acquisto di via Tollegno 83, nel cuore di Barriera di Milano, per ricavare nell’angustia di questa città uno spazio in cui organizzarsi, cospirare, portare le spore della tensione di libertà dell’Asilo.

Nelle ore successive all’ingresso, alla luce del sole pomeridiano, tutto si è chiarito ulteriormente anche su un altro piano, quello becero della politica: si sa che quella scuola è stata svuotata dall’amministrazione di Chiara Appendino e dal suo progressista assessore all’Urbanistica Montanari, ma lo spettacolo di un edificio magnifico, fiore all’occhiello dell’edilizia scolastica torinese (leggi qui la storia della costruzione), lasciato a marcire, suscita sbigottimento anche in chi come noi ha malizia da vendere. Aule luminose, androni infiniti, campi sportivi interni, una piscina professionale e le piscinette per i bambini più piccoli, un auditorium e un vero e proprio parco alberato che circonda tutto questo. Da Palazzo di Città da un giorno all’altro e senza troppe spiegazioni lo hanno dichiarato inagibile, come scuola pubblica per la periferia ai pentastellati non piaceva, meglio indire un bando e tutto quel bendidio renderlo accessibile solo ai bambini i cui genitori possono pagare l’ingresso, insomma meglio indire il bando per una piscina privata. I vincitori, appena fuoriusciti da un altro progettino di nuova capitalizzazione della periferia, il Bunker, già si sono espressi. Dicono infatti dalla Vertigimn Scuola di Acrobatica: “ma come noi abbiamo vinto il bando per il bene dei bambini della periferia! Speriamo si risolva tutto presto”.

Intanto alcuni gagliardi ragazzetti, di quelli sfrattati alla veloce dalla scuola, già ieri se la giravano in bici alla nuova occupazione, increduli e felici di avere uno spazio del genere e accessibile sotto casa.

Alle mamme fuori, incuriosite dalla situazione, è stato distribuito in volantino che segue.

Dopo lo sgombero dell’Asilo Occupato di via Alessandria 12 avvenuto il 7 febbraio scorso, è da più di un mese che siamo nelle strade di Torino per protestare: abbiamo fatto cortei, cabaret itineranti, merende, cene e biciclettate, ci siamo accampati per una settimana davanti alla scuola Holden, abbiamo organizzato assemblee e discussioni in piazza e oggi abbiamo deciso di occupare l’ennesimo spazio vuoto di questo quartiere.

Abbiamo deciso di farlo per protesta contro un’amministrazione comunale che difende sempre e solo gli interessi dei ricchi e dei grandi privati della città, un’amministrazione che in questi anni non ha fatto altro che svendere il patrimonio pubblico e che continua a sgomberare con la forza gli indesiderabili e chiunque osi contestarla.

Un’amministrazione che prima delle elezioni si era riempita la bocca con grandi parole sul rilancio delle periferie ma che poi, come tutti possono vedere, le uniche novità che ha portato nei quartieri sono nuovi supermercati.

Periferie che ogni giorno subiscono la stretta che questo governo sta facendo nei confronti dei poveri: i prezzi dei trasporti aumentano insieme ai controlli, i servizi vengono tagliati, gli spazi del quartiere vengono svenduti al migliore offerente per farci i suoi comodi interessi.

Per chi non può e non vuole adeguarsi la risposta è sempre la stessa: la violenza della polizia.

Come dimostra l’occupazione militare di Aurora, le cariche e gli arresti degli scorsi giorni.

Alle importanti questioni che attraversano questi tempi il governo sembra dare due sole risposte: da una parte ci invita a partecipare all’assurda guerra tra poveri attraverso la quale si vuole dare la colpa della miseria che ci circonda agli ultimi arrivati, una guerra che sta producendo i suoi morti in mare e alle frontiere, e dall’altra ci offre un reddito da fame costringendoci poi, per continuare a sopravvivere, ad accettare ogni tipo di lavoro.

Per questi motivi abbiamo deciso di occupare questa scuola, perché ci sembra un buon esempio della gestione dell’amministrazione Appendino, una scuola che è stata chiusa in tutta fretta con la scusa dell’inagibilità (la quale però non risulta nei documenti ufficiali) per permettere a qualche privato di specularci magari ristrutturando e privatizzando il complesso di piscine al suo interno mentre i bambini che vi andavano a scuola sono stati costretti a recarsi in altre scuole, lontane dalle loro abitazioni e già affollate di alunni.

Noi siamo convinti che la soluzione ai problemi non possa arrivare dall’alto, dalle istituzioni, ma che possa arrivare solo dalla forza che riusciamo a darci attraverso l’auto-organizzazione e il confronto: per questo speriamo che questa occupazione possa essere anche un buon punto di partenza per conoscerci, per condividere i problemi del quartiere e per organizzarsi per risolverli.

Siete tutti invitati a far rivivere i giardini e le strutture della scuola Salvo d’Acquisto per farvi nascere qualcosa di concreto per opporci al futuro grigio che stanno disegnando per questa città.

Stasera faremo una pizzata con un forno a legna, è un’iniziativa aperta a tutti e tutte il cui ricavato sarà a sostegno per le spese legali e mediche di chi è stato fermato durante il corteo del 9 febbraio scorso.

Primavera

Nuova occupazione: via Tollegno 83.

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Chi comanda a Torino

Le cariche della polizia contro la critical mass di giovedì sera a Torino segnano un ulteriore passo avanti verso quella normalità per cui presto passerà alla storia l’era Appendino. Che qualcuno – noi compresi, lo confessiamo – pensi che tutto ciò sia scandaloso e inaccettabile è del tutto privo di significato: occorre fare i conti con il fatto che qui a Torino il potere politico è fermamente detenuto nelle mani dalla questura. Il William B. Travis di c.so Vinzaglio, al secolo Francesco Messina, pistolero uscente, ha già rilasciato ai suoi gazzettieri un’intervista in cui giustifica tutto con il fantasma di via Alessandria 12, c’erano anche gli anarchici. E dalle sue dichiarazioni si palesa un clima di caccia alle streghe, questi sovversivi si stanno infiltrando in tutte le manifestazioni, si sono procurati una bicicletta, hanno iniziato a lavorare, in realtà sono ovunque e camuffati da bipedi, è incredibile, contessa!

I più dotti osservano come la guerra portata avanti della polizia sia la continuazione della politica con altri mezzi, e ne ripartiscono equamente la responsabilità tra un borioso ministro degli interni che ha reintrodotto il reato di blocco stradale (punito più severamente della resistenza a pubblico ufficiale, per dire) e una sindaca inetta che in astinenza di risultati non perde occasione di rivendicarsi ogni sgombero di profughi, zingari, anarchici, abusivi e qualunque minoranza non qualificata.
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In vista del 30…

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Manca poco più di una settimana al corteo del 30 marzo a Torino.

Mercoledì scorso, in un’affollatissima assemblea nel cortile di radio Blackout si è condiviso l’orario del concentramento: ci incontreremo alle 15.00. Il luogo si è preferito non annunciarlo ancora. Un’informazione da tenere ancora nascosta per qualche giorno.

Non ci sarà infatti una Zona Rossa verso cui dirigersi a ogni costo, come si è fatto con coraggio e ostinazione il 9 febbraio, quando il cuore e la rabbia di tutti hanno spinto il corteo verso via Alessandria 12 e il quartiere militarizzato di Aurora. Il 30 marzo tenteremo piuttosto di dar concretezza a quel «Blocchiamo la città» che è l’obiettivo di questa giornata, e per riuscirvi è sicuramente utile fornire meno tempo e informazioni utili alla Questura per predisporre nel dettaglio il proprio piano di contenimento e contrasto della manifestazione. Così da tentar di muoversi il più liberamente e agilmente possibile lungo le strade di Torino, per evitare di lasciarci dettare il percorso dai celerini e dai blindati, schierati a sbarrare una strada dopo l’altra. Libertà e agilità che non porteranno certo a sottovalutare il problema dell’autodifesa dalle forze dell’ordine. Un’esigenza, se mai ce ne fosse stato bisogno, resa ancor più evidente dalla gestione della piazza di ieri sera durante la Critical Mass

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M5S, ovvero il partito Eichmann

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Né i medici dell’ospedale Martini, né Sonia Schellino, né Bruno Mellano, né la Prefettura, nessuno nei palazzi torinesi si assume la responsabilità della continuazione della prigionia di Tomi.

Il suo sciopero della fame continua, è arrivato al giorno numero 38 e la sua salute è fortemente a rischio. A Torino le iniziative in sua solidarietà continuano, nonostante per isolarlo l’abbiano trasferito al Cpr di Bari Palese: dopo un presidio fuori dall’ospedale, in cui l’hanno ignorato invece che registrare le sue condizioni allo stremo, e un’incursione nell’ufficio dell’assessora del Welfare in cui un lurido portaborse ha detto letteralmente che “se schiatta” non è colpa loro, oggi un folto gruppo di nemici e nemiche delle espulsioni è tornato a far visita a Sonia Schellino, questa volta con l’intenzione di rimanerci nel suo ufficio e bloccare il lavoro dei burocrati comunali. Alcuni si sono addentrati di fretta sino al piano della signora con urla e slogan, altri sono rimasti fuori a volantinare e a raccontare la storia di Tomi ai passanti.

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30 Marzo

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La normalità di questo mondo pare essere totalizzante, negli ultimi anni i processi economici e politici hanno concluso un’opera terribile iniziata con le navi dei commerci tra continenti e le ciminiere di Manchester.
Ogni sfera dell’esistenza umana e ogni pezzo di questo pianeta sono stati fagocitati e risputati come sostanza putrida, non c’è nessun punto dell’intero globo che non sia stato distrutto dalla bulimia sfrenata del capitalismo; non esiste più un pezzo di terra libero, né la possibilità di una vita dignitosa non piegata dalla schiavitù lavorativa per il profitto di un padrone spesso senza volto.
Non esiste altresì neppure la possibilità di sottrarsi, come qualcuno sostiene, adottando comportamenti virtuosi o di autosufficienza materiale in una vita da eremita: nel mondo devastato i liquami industriali e l’aria sporca arrivano ovunque e  proclamano una promessa di morte a cui lo Stato non accompagna più neppure la possibilità di curarsi poiché dopo aver messo fuori legge ogni conoscenza e pratica sul corpo che prescindesse dalla sua mano medica, ora chiude i rubinetti della sanità, lasciando a chi non può pagare esose visite private il peso di affrontare ogni malattia senza lamentarsi; nel mondo devastato non esiste un altrove al riparo da regolamenti edilizi, controlli di polizia e censimenti; nel mondo devastato non esiste un altrove in cui non arrivino le grida di uomini, donne e bambini che affogano in mare, che scappano dalla povertà, che vengono sfrattati e buttati in mezzo alla strada.

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Blocchiamo la città – 30 Marzo Corteo a Torino

La normalità di questo mondo pare essere totalizzante, negli ultimi anni i processi economici e politici hanno concluso un’opera terribile iniziata con le navi dei commerci tra continenti e le ciminiere di Manchester.
Ogni sfera dell’esistenza umana e ogni pezzo di questo pianeta sono stati fagocitati e risputati come sostanza putrida, non c’è nessun punto dell’intero globo che non sia stato distrutto dalla bulimia sfrenata del capitalismo; non esiste più un pezzo di terra libero, né la possibilità di una vita dignitosa non piegata dalla schiavitù lavorativa per il profitto di un padrone spesso senza volto.
Non esiste altresì neppure la possibilità di sottrarsi, come qualcuno sostiene, adottando comportamenti virtuosi o di autosufficienza materiale in una vita da eremita: nel mondo devastato i liquami industriali e l’aria sporca arrivano ovunque e  proclamano una promessa di morte a cui lo Stato non accompagna più neppure la possibilità di curarsi poiché dopo aver messo fuori legge ogni conoscenza e pratica sul corpo che prescindesse dalla sua mano medica, ora chiude i rubinetti della sanità, lasciando a chi non può pagare esose visite private il peso di affrontare ogni malattia senza lamentarsi; nel mondo devastato non esiste un altrove al riparo da regolamenti edilizi, controlli di polizia e censimenti; nel mondo devastato non esiste un altrove in cui non arrivino le grida di uomini, donne e bambini che affogano in mare, che scappano dalla povertà, che vengono sfrattati e buttati in mezzo alla strada.
La stessa possibilità di immaginare e praticare un attacco che ci possa far respirare libertà, viene sempre più aggredita dagli apparati della repressione, sul piano materiale dal lavoro di polizia e magistratura e su quello simbolico dagli inneggiati valori di legalità e democrazia del mondo occidentale, entro i quali deve svolgersi un pacato dissenso, collaborante e partecipativo, pena lo spettro del terrorismo e di un terrificante caos sociale – per loro e per chi ha qualcosa da difendere in un mondo devastato. Chi non vuole sedersi al tavolo di trattative con istituzioni, banche ed enti caritatevoli può accomodarsi nelle patrie galere.
Quanto quest’ordine asfissiante entro cui si erige e raffina il controllo non sempre tenga, lo mostrano le esplosioni di rabbia e distruzione che nascono da un pieno di sopportazione e sfociano in ribellioni diffuse pur senza trovare una prospettiva.
In Italia è più che mai visibile questo sfacelo e dopo anni di ristrutturazione economica la guerra endemica per la sopravvivenza diventa palese, gli impoveriti sono aizzati contro i diseredati, i cittadini contro gli stranieri, chi ha rinunciato definitivamente alla propria libertà contro chi non si arrende: è il germe della guerra civile che cerca di uscir fuori dalle ceneri del conflitto sociale.
Un clima questo che è eredità dell’operato di ogni istituzione statale nazionale e delle tensioni predatorie del capitalismo globale. L’ultimo governo ha giovato elettoralmente di questa situazione canalizzando a proprio favore l’insofferenza di vaste fasce di popolazione: Movimento 5 Stelle e Lega hanno costruito in coro un orizzonte di disciplina al lavoro e repressione acuta, dal reddito di cittadinanza fino al pacchetto sicurezza. Senza troppe riflessioni analitiche si può affermare che insieme questi due partiti hanno costruito la maggior sproporzione di potere dell’Italia repubblicana tra governanti e governati, fornendo allo Stato la possibilità di intervenire con forza bieca in ogni situazione di crisi sociale o contro ogni tentativo di resistenza. Questo è il terreno in cui si muove la violenza statuale, che è pressoché unilaterale, dall’alto verso il basso, e ha come obiettivo quello di mantenere indisturbata questa direzione, di uccidere sul nascere qualsiasi lotta degli oppressi.
A Torino, città sull’orlo fisico della bancarotta nonostante tutti i tentativi di riconfigurare l’assetto monolitico e industriale dell’economia in uno di investimenti diffusi e turismo, ha preso il potere comunale proprio uno dei due partiti a capo del parlamento nazionale. Il M5S, attraverso il volto nuovo della alto-borghese Chiara Appendino, è salito in Sala Rossa grazie il voto elettorale delle periferie a cui ha promesso a gran voce e senza pudore crescita occupazionale e servizi sociali. “Basta opere inutili, solo welfare e rinascita!”, andavano dicendo. Non ci è voluto molto e l’illuso elettorato è tornato presto con i piedi a terra, in città non si riesce neppure a prenotare una visita medica e la maggior parte dei “torinesi” vive in spazi angusti spartendo salari precari e frustrazioni sicure. Si arranca come prima, peggio di prima. Dopo quasi tre anni, l’amministrazione comunale è a un passo dalla caduta e i risultati che sottolinea di aver raggiunto sono manco a dirlo quelli repressivi: lo sgombero dei rifugiati dalle palazzine dell’ex-Moi, lo sgombero dei campi rom e quello degli anarchici.
Non è un caso che quest’ultimo continui a preoccupare i politici cittadini e le autorità poliziesche. L’Asilo occupato era un posto in cui si provava con costanza a organizzarsi contro questo mondo di miseria e sfruttamento, e questo grande e ostinato coraggio è per lorsignori un esempio troppo pericoloso in questi tempi. Sono consapevoli infatti che il hanno fatto seccare ogni prato, che ora vige il silenzio di questo deserto, ma sanno anche che la sterpaglia prende fuoco e che brucia velocemente.
Chiunque provi a essere scintilla deve essere spento, soffocato.
Così come hanno provato a soffocare la rabbia di sei compagni arrestati a Torino per la lotta contro il Cpr, così come hanno provato a soffocare la rabbia di sette compagni trentini accusati di terrorismo.
In ballo oggi non c’è solo il destino di un asilo o di un gruppo di caparbi anarchici, il ballo oggi c’è il seme del coraggio, il seme che tutti coloro che vedono gli scempi di questo presente devono preservare come la cosa più cara.

Il 30 marzo a Torino bloccheremo la città per continuare a innaffiarlo.
Se un fiore nuovo nascerà dipende da noi.

Con Agnese, Silvia, Nicco, Antonio, Beppe, Stecco, Giulio, Poza, Nico, Rupert e Sasha nel cuore, per la libertà di tutti e tutte.

Manifesti

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Fuori porta

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Tomi trasferito a Bari

Nelle ultime settimane abbiamo raccontato della protesta di Tomi, ragazzo di origine algerine che vive da anni in Inghilterra e i cui documenti in Italia non sono validi. La validità o meno di un pezzo di carta, di cellulosa, i cui parametri cambiano di paese in paese, porta alla reclusione, così come è accaduto a lui.

Siamo arrivati al giorno di sciopero della fame numero 36, in città gruppi di solidali si sono mossi per organizzare presidi e proteste, fino ad arrivare dentro all’ufficio dell’assessora factotum Sonia Schellino per sputarle in faccia un po’ di responsabilità.

A quanto pare a certi personaggi che decidono sull’altrui sorte non piace ricevere pressioni da vicino e hanno pensato bene di tranciare i legami di solidarietà intorno a Tomi trasferendolo ieri in un’altra prigione per senza documenti, il Cpr di Bari Palese. Gli hanno tolto il telefono per interrompere anche le comunicazioni telefoniche, peccato che lui ricordasse a memoria il numero di telefono di alcuni compagni e compagne e ha riferito di ciò che stava avvenendo. Da che ha potuto capire, non può essere deportato il Algeria, deportazione che preferirebbe alla reclusione di sei mesi, perché, come spesso accade, le burocrazie dei due paesi non sono sulla stessa lunghezza d’onda. Così a Tomi sembra di essere in un limbo indefinito, la prigionia dovrà forse arrivare fino al termine amministrativo, data lontana e insopportabile solo al pensiero.

Intanto i solidali fuori non si sono fatti scoraggiare e si sono già messi in contatto con alcuni compagni pugliesi.

Chi lotta non è mai solo, neanche se trasferito.  

Ambasciata pt.2

16 Marzo. Atene. Un presidio in solidarietà con i compagni arrestati a Torino e Trento indetto davanti all’ambasciata italiana si trasforma in un corteo che percorre le strade del centro fino ad arrivare ad Exarchia.

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