Qualche giorno fa, otto compagni già coinvolti nell’operazione di polizia che, nel giugno 2014, aveva portato ad arresti e lunghe detenzioni cautelari per la lotta contro gli sfratti a Torino, si son visti notificare, con un’operazione mattutina simile a quelle che si fanno per i mandati d’arresto, il ripristino di firme bisettimanali.
Tutto ciò avviene perchè dopo tre mesi di firme all’indomani della scarcerazione, nel marzo 2015, il Gup li aveva sollevati da tale obbligo, ma il Pm Antonio Rinaudo, con la consueta solerzia, aveva prontamente fatto ricorso contro la decisione del giudice. Accettata dal Tribunale del Riesame, l’istanza era stata controimpugnata dall’avvocato difensore, ma la Suprema Corte, a cui era stato mandato il fascicolo, ha ritenuto questa mossa difensiva ineffettiva.
Si torna a firmare, dunque.
Ma perché vi raccontiamo queste piccole e arzigogolate noie?
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Ieri sabato 14 novembre i reclusi del Cie di Corso Brunelleschi hanno di nuovo dato vita a una rivolta che ha distrutto gran parte del Centro. La scintilla è stata il rifuto dei colloqui a un recluso con la moglie anche se, in realtà, l’aria all’interno del Cie è tesa a causa di settimane in cui frequenti sono state le espulsioni violente. Così ieri sera i reclusi si sono organizzati per protestare contro le condizioni di reclusione e hanno dato fuoco a dei vestiti mettendo fuori uso l’area rossa e l’unica stanza aperta della gialla; dell’area bianca rimangono aperte solo due stanze.
Da poco erano riniziati i lavori di ristrutturazione all’interno della struttura per riportare la capienza agli effettivi 180 posti.
Rinnoviamo l’invito a partecipare questo pomeriggio alle 16 al presidio sotto le mura del Cie in Corso Brunelleschi per dare la nostra solidarietà a chi ancora è rinchiuso là dentro.
Seguiranno aggiornamenti.
Dopo il rinvio del 15 ottobre scorso, il 30 novembre dovrebbe iniziare l’appello del processo che vede imputati Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò per il sabotaggio al cantiere di Chiomonte del 13 maggio 2013. Da quella notte la lotta contro il treno veloce è andata avanti, tra alti e bassi, ribadendo con costanza quel deciso No attorno a cui si è sviluppata e diffusa in tutti questi anni. E anche gli arresti del 9 dicembre 2013 e dell’11 luglio dell’anno successivo di Francesco, Lucio e Graziano sono stati affrontati come un’occasione per tentar di dare nuovo slancio alla lotta.
L’inizio del secondo grado si avvicina e si sa che il processo d’appello sarà breve. Qui e sotto troverete un appello da leggere e far girare.

Appello per una solidarietà ovunque
La lotta al treno veloce in Val Susa ha messo chi governa di fronte ad un problema molto più grosso della mera realizzazione dell’opera: la partita in gioco è di ben altra portata.
Chi ha deciso di lottare, con ostinazione e con la capacità di dotarsi degli strumenti necessari, ha stravolto i piani di chi voleva costruire quella linea ferroviaria. In discussione c’è la capacità dello Stato di controllare un pezzo di territorio e una popolazione ostile a una decisione calata dall’alto, che minaccia valli, montagne e le vite di chi le abita.
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14 novembre. Gli studenti contro la “Buona scuola” di Renzi sfilano in corteo per le vie del centro cittadino; lungo il percorso la sede piemontese del Miur viene imbrattata con della vernice e il deposito Gtt di Corso Tortona viene occupato sino all’arrivo della Polizia per protestare contro il rincaro degli abbonamenti al trasporto pubblico.
14 novembre. Un ragazzo, sul bus 2, all’altezza di Corso Traiano, è senza biglietto e, alla vista dei controllori, prova a scendere. Si fa largo nell’autobus per guadagnare l’uscita, ma trova davanti alle porte un controllore. Lo colpisce con una testata, che procurerà una prognosi di otto giorni al dipendente Gtt. La Polizia, giunta sul posto, lo identifica e denuncia.
12 novembre. Due agenti di polizia penitenziaria devono ricorrere alle cure mediche dopo aver provato a sequestrare due telefonini trovati in una cella che stavano perquisendo del carcere torinese delle Vallette. I due detenuti pare abbiano reagito male al ritrovamento dei cellulari; uno dei due agenti ha il setto nasale rotto mentre l’altro è stato ferito alla mano con una lametta.
12 novembre. Camionette e digos si presentano in via Asti presso l’ex caserma “La Marmora” per effettuarne lo sgombero. La struttura era occupata dall’aprile scorso dall’associazione “Terra del Fuoco” poi una decina di giorni fa alcune famiglie di rom e solidali avevano dato vita ad un’occupazione dentro l’occupazione prendendo posto in alcune aree non utilizzate e risolvendo così il proprio problema abitativo dopo gli sgomberi al campo di lungo Stura Lazio. La denuncia da parte della proprietà, la Cassa Depositi e Prestiti, pare sia arrivata in Procura giusto qualche giorno fa, così stamattina la polizia è potuta intervenire con lo sgombero, degli uni e degli altri. Immancabile la presenza della Croce Rossa che propone la solita “opzione palestra” a chi è rimasto, di nuovo, senza tetto; nuovamente riceve un unanime rifiuto. Recuperate le proprie cose le famiglie sgomberate con i solidali percorrono in corteo le strade torinesi puntando sul Comune; il corteo si scioglie poi in piazza Castello.

Ancora una volta troviamoci sotto alle mura del Cie di Corso Brunelleschi per un rumoroso presidio in solidarietà con i reclusi.
L’appuntamento è domenica 15 novembre alle ore 16.
Qui il volantino da scaricare e diffondere.

10 novembre. Pinerolo (To). Sulla facciata della sede del Pd, inaugurata da pochi giorni, compaiono le scritte: “No Tav” e “No sgomberi”.
9 novembre. Un controllo preventivo dei Carabinieri di Mirafiori accerta il furto di elettricità attraverso la manomissione di un contatore, al quale si agganciavano un bar e due alloggi all’interno di un palazzo nei dintorni di Corso Tazzoli. Il controllo rientra all’interno dell’operazione Elektra che, da metà gennaio a oggi, ha portato alla denuncia di 10 persone che si erano agganciate abusivamente all’energia elettrica, in varie zone della città.